In questi giorni è tornata alla ribalta la questione della costruzione dell’hotspot per l’accoglienza degli immigrati nel porto di Corigliano Rossano. Sul caso è intervenuto il Movimento 5 stelle con la senatrice Rosa Silvana Abate e il deputato Francesco Sapia. «Siamo ancora più determinati nell’affrontare l’emergenza migranti – scrivono i due parlamentari – perché la struttura non sarebbe idonea all’accoglienza».
Nel porto, infatti, come emerso nel corso dell’incontro dell’altro giorno con i pescatori, mancano acqua, luce e scarichi. Non ci sarebbero le condizioni igieniche minime per fare accoglienza o, addirittura, costruire un hotspot.
I parlamentari, soprattutto, hanno sottolineato come da diverse parti arrivano segnali di una possibile protesta da parte dei cittadini.
«L’accoglienza va fatta ma in un certo modo – sottolineano Abate e Sapia – come è stata organizzata fino ad ora non è servita a nulla e il voto di marzo lo ha detto chiaramente. Ecco perché i cittadini hanno fatto sapere senza mezzi termini che se ci sarà la costruzione dell’hotspot sono pronti a scendere in piazza».
La nostra posizione nel marzo dello scorso anno era questa. Inviammo alla stampa un comunicato il 24/03/2017. Da allora la nostra idea non è cambiata. E rimane questa:
Il M5S Corigliano compatto dice NO all’apertura dell’Hotspot migranti presso il porto. Il Sindaco Geraci nasconde l’informazione ai cittadini. Abbiamo appreso, grazie al continuo impegno e monitoraggio che il M5S di Corigliano attua su tutti gli atti amministrativi e gli eventi (tutti nefasti) che interessano la nostra città, che il Prefetto di Cosenza dott. Tomao ci vuole imporre l’allestimento di un hotspot nel nostro porto, in attuazione di uno scellerato disegno governativo.
Secondo quanto dichiarato dal capo del Dipartimento Ministeriale, Gerarda Pantalone, in Calabria sono in corso contatti con le istituzioni, per aprire tre hotspot, uno dei quali a Corigliano Calabro (400 posti). Il tutto sotto gli occhi consenzienti, e forse anche compiaciuti, del nostro sindaco Giuseppe Geraci e dell’assessore alle politiche sociali Marisa Chiurco.
Gli hotspot sono strutture non regolamentate, teoricamente allestite per identificare, registrare e raccogliere le impronte digitali dei migranti appena sbarcati. Le operazioni dovrebbero avere la durata massima di 48 ore, per poi procedere al ricollocamento degli immigrati nei vari stati membri.
Purtroppo, per come dichiarato dal Prefetto di Trapani dott. Leopoldo Falco, registrare un numero così elevato di migranti è molto complicato. La maggior parte dei migranti che arrivano in Italia, afferma Falco, rifiuta di farsi identificare e le autorità italiane non possono fare altro che lasciarli andare dopo 48 ore dall’arrivo, perché questo prevede la legge. Inoltre non ci sono abbastanza strumenti per la detenzione e la conseguente espulsione di chi rifiuta di farsi registrare.
E’ evidente che tale sistema non funziona perché alle identificazioni non corrisponde mai un risultato positivo in termini di persone ricollocate e persone rimpatriate. Unico risultato è l’aumento di stranieri con un decreto di respingimento differito del questore che intima di lasciare il nostro paese in sette giorni. Di fatto queste persone rimangono sul territorio irregolarmente. Sono persone escluse da ogni possibilità di regolarizzazione e d’inserimento in un percorso d’integrazione. Gli hotspot, quindi rappresentano l’ennesimo collo di bottiglia, dove chi arriva confluisce e resta confinato, fino a creare le gravi e ben note emergenze a cui siamo tristemente abituati da anni, creando, non di rado, tensione nel tessuto sociale interessato. Da queste poche righe su cosa è, e come funziona un hotspot, è evidente la grande ripercussione sul tessuto sociale della collettività che ospita una struttura del genere.
Ecco perché il silenzio e la poca trasparenza in merito ad una questione così delicata, (esattamente per come è avvenuto nel nostro paese in occasione dell’apertura di un CAS, che attualmente ospita 50 immigrati) ci fa ben supporre che la nostra attuale amministrazione non agisce nel bene e nell’interesse della comunità ma il suo operato, posto in essere anche in modo subdolo, risponde a logiche a noi non comprensibili.
Ci saremmo aspettati, da parte del sindaco e dell’assessore preposto, una maggiore opposizione all’inquietante progetto dell’allestimento di un hotspot nel porto di Corigliano, forti anche del fatto che Corigliano ha superato il limite fissato al 2.5 per mille per abitante, in merito all’accoglienza dei migranti. Ma soprattutto, perché la nostra città ha aderito al progetto SPRAR facendo così scattare la cosiddetta “clausola di salvaguardia” che rende esenti i comuni che appartengono alla rete SPRAR o che intendono aderirvi, dall’attivazione di altre forme di accoglienza.
Dobbiamo, nostro malgrado, constatare che proprie dalle istituzioni che dovrebbero garantirci e tutelarci dobbiamo difenderci e fare la voce grossa per evitare danni gravi ed irreparabile alla comunità. Per tutto quanto esposto sopra, il M5S di Corigliano informa, la cittadinanza tutta di quanto sta avvenendo dietro le quinte del Comune di Corigliano Calabro e della Prefettura di Cosenza e contestualmente chiede le dimissioni del Sindaco Giuseppe Gerace ed, in primis, dell’assessore alle politiche sociali Marisa Chiurco, poiché ritenuti non idonei alla gestione della cosa pubblica e alla realizzazione del bene comune della città che governano. Il M5S di Corigliano, in linea con la posizione assunta dal Movimento in seno al Parlamento Italiano, si opporrà con tutte le sue forze all’allestimento di un hotspot nel porto di Corigliano, adoperandosi affinché il porto della nostra città abbia la sua naturale ed agognata destinazione originaria di Porto Turistico.
Non per ultimo, fa rilevare che al predetto progetto è di ostacolo sia l’attuale nota vicenda amministrativa (accesso agli atti da parte della Commissione Prefettizia per sospetta infiltrazione mafiosa), sia la circostanza che il Comune di Corigliano C. non è neppure in grado di offrire ai propri cittadini servizi idonei sotto il profilo igienico-sanitario (figuriamoci se può affrontare le emergenze sanitarie cui darebbe adito l’ingresso di persone non controllate, sotto ogni profilo).