C‘è una grande ipocrisia di fondo nel dibattito pubblico emerso dopo la pubblicazione dell’ultimo rapporto Svimez. Un’ipocrisia che noi giovani imprenditori di Reggio Calabria stigmatizziamo. La situazione contenuta nelle pagine dell’annuale ricerca dell’Associazione per lo sviluppo industriale del Mezzogiorno è nota da tempo. E sono anni che la stessa Svimez denuncia la desertificazione industriale e la fuga dei cervelli. I dati salienti di quest’anno, peraltro, erano stati ampiamente annunciati in sede di presentazione delle anticipazioni dello stesso rapporto, alcuni mesi fa.
Per questo, nel mentre apprezziamo lo sforzo che Confindustria Reggio e Unindustria Calabria stanno compiendo per tenere a galla l’economia regionale, non possiamo fare a meno di rimanere quanto meno perplessi per come la classe dirigente e politica ha reagito alla pubblicazione del documento Svimez. Con incontinenza oratoria o con silenzi imbarazzati. Innanzitutto, il rapporto Svimez andrebbe letto. Tutto. Non basta affidare a dieci righe di agenzia una riflessione su una questione di tale portata e complessità. Saremo giovani “antichi”, forse, ma crediamo che le reazioni “istantanee” pecchino quanto meno di superficialità. In secondo luogo, venendo al cuore del problema, noi giovani imprenditori siamo letteralmente basiti per la mancanza di una proposta vera, concreta e che abbia un forte aggancio alla realtà.
Per quanto ci riguarda, abbiamo una visione dei problemi del Mezzogiorno, che è tutta riassumibile in una sola osservazione: la questione meridionale non si può risolvere con misure estemporanee o di durata limitata. Soprattutto, non si può risolvere con una prospettiva di corto respiro. Servono pensieri lunghi e prospettici.
Noi riteniamo, ad esempio, occorra un credito di imposta “permanente”, strutturale, per almeno 20 anni, al fine di colmare il gap che ci tiene lontani dalla media delle altri regioni europee.
Perché questa idea? Perché una tale possibilità può attrarre capitali e investitori, anche dall’estero, che potrebbero essere interessati a una condizione di stabilità sotto questo versante. Peraltro, gli investimenti finora realizzati con il credito d’imposta hanno prodotto un notevole gettito fiscale e generato nuova economia, soprattutto a favore delle imprese che realizzano impianti, quasi tutte ubicate nei grandi distretti industriali del Nord.
Sarebbe dunque un bene per l’intero Paese così come sarebbe un bene per l’intero Paese affrontare e risolvere, con un piano di investimenti mirato e straordinario, l’annosa questione del ritardo logistico e infrastrutturale delle nostre regioni, di fatto tagliate fuori dalle principali direttrici delle comunicazioni e dello sviluppo economico e sociale.
Proponiamo inoltre la costituzione di un fondo “ad hoc” per la creazione e l’ammodernamento di distretti artigianali, turistici e soprattutto industriali. Il modello ormai diffuso in tutto il mondo vede la presenza di un grande investitore privato che gestisce tali aree in maniera efficiente ed efficace: è l’unico modo per cancellare in fretta i guasti, i disastri e le malversazioni che hanno contraddistinto la gestione delle aree industriali calabresi, dalle Asi fino all’ormai decotto Corap. E ancora, siamo convinti della necessità di indirizzare investimenti nazionali ed europei, volti allo sviluppo dell’economia circolare e all’innovazione, alle regioni del Mezzogiorno, con il pieno coinvolgimento dell’ottimo sistema universitario che, anche qui in Calabria, può vantare eccellenze in termini di didattica e di ricerca.
Chiediamo infine di estendere le agevolazioni per le nuove assunzioni dei giovani per almeno 15 anni. Anche questa non può essere una misura tampone ma deve diventare un fattore strutturale in grado di contribuire alla crescita dell’economia del nostro territorio. I dati economici degli ultimi anni hanno dimostrato come quello stimolo all’occupazione abbia sostenuto famiglie, consumi e imprese. Va riproposto ma non può svanire da un giorno all’altro. O sul Sud si investe davvero e si capisce che è il problema dei problemi dell’Italia, e come tale fa affrontato con una lunga e robusta cura, oppure il gap continuerà ad aumentare e l’Italia finirà per sgretolarsi. Noi non lo vogliamo e faremo il massimo per impedirlo. A cominciare dalla presentazione di queste proposte concrete che sottoponiamo all’attenzione dei ministeri competenti, dell’intera deputazione calabrese e più in generale del dibattito pubblico, perché finalmente qualcosa si muova.