Il pericolo hacker preoccupa (e coinvolge) sempre di più le piccole e medie imprese italiane. Una su quattro è stata colpita da problemi relativi alla sicurezza informatica (26%), e il 52% destinerà nell’anno in corso risorse per la messa in sicurezza dei propri dati, per un investimento complessivo di quasi 470 milioni di euro.
È quanto emerge da un sondaggio condotto da SWG per Confesercenti sulle PMI tra i 10 ed i 50 dipendenti, a due settimane dagli attacchi dei pirati informatici che nel mese di febbraio hanno colpito l’Italia.
Un problema che riguarda sempre di più anche le attività economiche. La progressiva digitalizzazione del terziario ha portato infatti quasi la totalità delle imprese intervistate – il 97% – ad adottare uno o più sistemi informatici: il 90% ha un sistema di posta elettronica gestito internamente, il 73% ha un sito web, mentre il 61% si avvale di un software o piattaforma gestionale interna. Un ulteriore 35% mette a disposizione dei clienti una rete Wi-Fi pubblica, mentre il 28% gestisce un portale di e-commerce. Ma anche la salvaguardia di dati sensibili e informazioni riservate è un fattore critico, viste le nuove indicazioni circa l’acquisizione, la gestione, l’utilizzo e l’archiviazione dei dati personali. Per questo, il 49% delle PMI ritiene di dover fare di più per garantire la sicurezza dei propri dati e dell’attività, mentre una quota appena superiore – il 52% – prevede di destinare risorse a questo fine nell’anno in corso, con una spesa media di 4.800 euro per impresa, per un totale di oltre 470milioni. Solo il 50%, però, ha già individuato un fornitore di servizi a cui affidarsi.
“La possibilità che un attacco hacker possa impedire l’attività o compromettere il proprio patrimonio di dati preoccupa sempre di più le imprese. C’è però la sensazione che il problema riguardi il sistema nel suo complesso – fornitori, clienti, banche, etc – e che quindi le difese adottate dai singoli non siano sufficienti o rilevanti”, commenta Nico Gronchi, Vicepresidente vicario di Confesercenti. “Il quadro che emerge dal sondaggio, condotto sulle imprese con dieci o più dipendenti e quindi, almeno sulla carta, più strutturate e di conseguenza più motivate a garantirsi un sistema di procedure e protezione dati adeguato, ci offre infatti una duplice lettura. Da una parte un quarto delle attività intervistate ammette di avere già avuto problemi, dall’altro, solo una su due ha deciso di investire per migliorare le proprie difese. Certo, le imprese a cui è stato somministrato il sondaggio rappresentano solo il 5% del totale delle attività economiche, e non sono certamente le uniche che vogliono investire nella sicurezza dei propri sistemi. È anzi presumibile che già quest’anno almeno il 10% delle rimanenti imprese – oltre 420mila attività – investirà in cybersecurity. Prendendo come riferimento il triennio 2023-2025, possiamo stimare che le imprese nel loro complesso saranno ‘costrette’ a sostenere spese per la sicurezza informatica per circa 10 miliardi. Se è vero, come riteniamo, che per rendere più sicuro il sistema Italia è necessario che ciascuno faccia la propria parte, è chiara l’esigenza di introdurre provvedimenti per incentivare l’adozione delle necessarie misure di sicurezza da parte di tutte le attività economiche, in particolare le PMI. Servono sostegni, ma anche una ‘patente’ da assegnare alle imprese che certifichi l’implementazione di sistemi di sicurezza adeguati”.