L’invito lanciato sabato dal presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, di deporre le armi e lavorare tutti uniti per affrontare una delle più gravi emergenze di questo Paese – la carenza e la precarietà del nostro sistema infrastrutturale – è non solo estremamente condivisibile, ma dovrebbe rappresentare per ognuno di noi un imperativo morale e sociale.

Se guardiamo questo tema nella sua declinazione territoriale, ribadendo come abbiamo già in tante occasioni esternato, rileviamo un ritardo, sia in termini di sviluppo sia di manutenzione, pluridecennale che ha molte cause e molte responsabilità capillarmente diffuse.

Più che nella ricerca dei colpevoli, è dunque il momento di agire in modo unitario e concretamente per rendere possibile quel grande piano di messa in sicurezza dei nostri territori che invochiamo da anni, ma che finora non è ancora realmente mai partito.

Stanziare risorse è indispensabile, ma non basta. È necessario mettere in campo a livello nazionale una serie di strumenti normativi e procedurali che consentano alle amministrazioni di spendere rapidamente i soldi stanziati e di aprire i cantieri così come al livello locale è necessario potenziare la capacità degli Enti di pianificare, progettare, ottenere ed impiegare, spendendo realmente tutte le risorse necessarie per l’ammodernamento del sistema infrastrutturale.

Occorre investire inoltre impegno straordinario sulla programmazione adeguata degli interventi da realizzare che non può prescindere da una serio piano di valutazione dei rischi e dello stato di salute di ogni singola infrastruttura.

Dobbiamo sapere con certezza se le scuole frequentate dai nostri figli, gli edifici pubblici cui accediamo o in cui lavoriamo, così come i ponti, i viadotti, le strade che utilizziamo sono davvero sicuri, se hanno ricevuto gli interventi di manutenzione necessari o ne sono state verificate le condizioni e la resistenza agli eventi sismici.

Dobbiamo sapere se le opere di mitigazione del dissesto idrogeologico siano state effettivamente realizzate, dobbiamo avere insomma la certezza che solo una fatalità e non l’incuria o la negligenza dell’uomo, possa provocare, morte e dolore.

E’ inaccettabile che nel 2018 con tutta la tecnologia e l’altissimo know-how delle nostre aziende, chiamate anche in tutto il mondo per realizzare interventi di manutenzione e di sviluppo, non ci dotiamo di strumenti adeguati che ci consentano di rilevare in tempo utile la stabilità e la tenuta di un’opera che ogni giorno i cittadini devono utilizzare

Infine, un’ultima considerazione. Spesso il dibattito in Italia sulle infrastrutture si trasforma in un incontro di boxe tra chi sostiene che siano utili e che ne servano di più e chi invece afferma la priorità della manutenzione e della messa in sicurezza di quelle esistenti.

A nostro modo di vedere questa contrapposizione è del tutto fuori luogo per chi ha a cuore il proprio futuro e quello dei propri figli. Se i nostri padri e i nostri nonni non avessero avuto la lungimiranza di collegare il Nord e il Sud del nostro Paese l’Autostrada del Sole, ancora oggi la nostra più grande arteria infrastrutturale, non avrebbe mai visto la luce.

È necessario mappare e mettere in sicurezza il patrimonio esistente con un grande piano di manutenzione, senza però abbandonare la necessità di programmare e portare a termine nuove infrastrutture necessarie, specialmente per il Sud.

Bisogna voltare pagina, senza pregiudizi e senza divisioni ideologiche per fare quel salto di qualità che meritiamo e che non possiamo ricordarci di voler fare solo quando succedono tragedie che abbiamo il dovere di cercare di prevenire.

 

image_pdfDownload pdfimage_printStampa articolo