Seconda tappa del roadshow dal titolo “Fare impresa al Sud si può, gli strumenti a sostegno delle start up” promosso da Unindustria Calabria e Confindustria Reggio Calabria in collaborazione con Invitalia. Protagonisti gli studenti del Politecnico di Torino che hanno risposto con partecipazione e interesse all’appuntamento che, come di consueto, ha avuto un taglio prettamente operativo e formativo. Al centro dei lavori sono state poste le opportunità rivolte ai giovani, in particolare a quelli del Sud che studiano nelle regioni del centro-nord, legate agli strumenti e alle agevolazioni a sostegno dell’imprenditoria giovanile nel Mezzogiorno.
Un focus specifico nel capoluogo piemontese ha riguardato la misura “Resto al Sud”, l’incentivo che sostiene la nascita di nuove attività imprenditoriali avviate da giovani tra i 18 ed i 35 anni residenti in una delle seguenti regioni: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia.
A confrontarsi con gli studenti, sui temi della formazione, dello sviluppo e del lavoro sono stati Giuseppe Nucera, presidente di Confindustria Reggio Calabria, Samuele Furfaro, presidente del Gruppo Giovani Imprenditori di Reggio Calabria, Vincenzo Gerardi di Invitalia, Francesco Ungaro, Area politiche regionali e della Coesione Territoriale di Confindustria, Carla Chiasserini, Delegata del Rettore per gli Alumni e l’Accompagnamento al Lavoro e Alberto Lazzaro, vicepresidente Gruppo Giovani Unione Industriale di Torino.
Oltre 5mila le domande presentate fino ad oggi, 846 solo in Calabria per circa 55 milioni di investimenti. E’ quanto emerso dai dati di Invitalia esposti da Gerardi che hanno anche evidenziato una spiccata incidenza dei proponenti nella fascia d’età compresa tra i 30 e i 35 anni (35%) con un livello di scolarità molto alto. La Calabria, inoltre, è al secondo posto per numero di domande approvate con 311 e un monte investimenti di oltre 19 milioni di euro, dietro alla Campania (882 e 61 milioni di investimenti). Netta prevalenza del settore turistico e culturale fra le aree maggiormente interessate dalla misura, davanti al manifatturiero, artigianato e ai servizi alla persona.
“Siamo molto soddisfatti – ha detto Nucera – di questa nuova tappa del percorso che abbiamo intrapreso. Anche a Torino, come già accaduto a Roma, gli studenti hanno partecipato in gran numero, oltre 140, per conoscere le opportunità di sviluppo presenti al Sud. Vogliamo creare una rete su tutto il territorio nazionale, che metta in contatto diretto il sistema delle imprese, grazie al supporto di Confindustria e le università del centro nord in cui studiano tantissimi ragazzi del Mezzogiorno. A loro ribadiamo che esistono strumenti validissimi, come “Resto al Sud”, per fare impresa e per costruire percorsi professionali altamente qualificanti. Investire sul capitale umano è l’arma principale per combattere il dramma dello spopolamento giovanile dei nostri territori. Andremo avanti in questa mission che a breve coinvolgerà altri atenei quali la Luiss, Bocconi e la Cattolica”.
“Stiamo assistendo a cambiamenti profondi e continui nel mercato del lavoro – ha commentato Furfaro – e nelle dinamiche degli stessi processi produttivi. Le novità legate all’innovazione, al digital, all’Industria 4.0 stanno ridisegnando le prospettive del presente e del futuro. Ai ragazzi continuiamo a ripetere che occorre investire su competenze specifiche, su una preparazione che possa essere immediatamente spendibile. “Resto al Sud” è uno strumento di grande rilievo che po’ aiutare concretamente i giovani ad affermare progetti e idee imprenditoriali”.
“Confindustria giudica positivamente “Resto al Sud” – ha evidenziato Ungaro – perché prova a dare una risposta imprenditoriale ad un problema enorme che è quello della mancanza di lavoro nel Mezzogiorno. Lo fa facendo emergere le molte idee che hanno i giovani del Sud, come confermano i dati dei primi 11 mesi di utilizzo. “Resto al Sud” cerca di intercettare la voglia di impresa che c’è nel Mezzogiorno, soprattutto tra gli under 35. Basti pensare che nelle regioni Meridionali l’11,4% delle imprese è condotta da under 35, contro una media nazionale del 9,1%”.
Analizzando le figure del professionista e dell’imprenditore, Lazzaro ha spiegato ai ragazzi che “la differenza fondamentale tra le due figure risiede nel fatto che per il professionista è in atto uno scambio tra il suo tempo per erogare il proprio servizio (es. consulenza, coaching, progetto, ecc) e il suo tempo. Esiste quindi una forte relazione diretta tra il tempo impiegato dal professionista e il suo fatturato. Invece per l’imprenditore, sempre e solo considerando il business, non giuridico o fiscale, il fatturato non viene generato direttamente dal suo tempo, ma dalla sua azienda nel senso ampio del termine: dal suo modello di business, dal suo team, dai suoi sistemi. Non esiste quindi una relazione diretta, così forte tra le ore passate a “produrre” e il fatturato”. “Per il nostro Ateneo, – ha infine dichiarato Chiasserini –tradizionalmente molto legato alle regioni del Sud Italia attraverso i tanti studenti che ogni anno scelgono di svolgere i loro studi a Torino, questo incontro ha rappresentato un’iniziativa importante nell’ottica del rafforzamento dei rapporti con le aziende e le realtà di quei territori. Iniziative come questa sono anche un modo per fornire ai nostri studenti prospettive e opportunità, nel solco delle numerose azioni che stiamo promuovendo per far incontrare l’offerta di competenze dei nostri laureati con la domanda delle aziende del territorio, a livello nazionale”.