I capimafia detenuti al regime di 41bis, che per legge non possono usufruire di pene alternative, stanno uno dopo l’altro lasciando il carcere con il pretesto dell’emergenza coronavirus. Una situazione che “desta sconcerto” per i deputati di Fratelli d’Italia Wanda Ferro, segretario della Commissione antimafia, Carolina Varchi, componente della Commissione Giustizia, Andrea Delmastro e Giovanni Donzelli, che hanno rivolto una interpellanza al presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte e al ministro della Giustizia Alfonso Bonafade chiedendo, tra l’altro, l’avvio di una ispezione.
Nell’interrogazione si fa riferimento alla scarcerazione del capomafia di Palermo, Francesco Bonura, imputato del primo maxi-processo a Cosa nostra e condannato definitivamente per associazione mafiosa a 23 anni. Figura di spicco del mandamento dell’Uditore, Bonura è stato posto ai domiciliari e potrà comunque uscire di casa per motivi di salute, anche dei suoi familiari, e per «significative esigenze familiari». già nelle settimane scorse, sempre per l’emergenza sanitaria, erano stati scarcerati il calabrese Rocco Filippone, detenuto in regime di alta sicurezza, imputato con Giuseppe Graviano nel processo ‘Ndrangheta Stragista; Vincenzino Iannazzo, considerato il boss di una potente cosca della ‘ndrangheta di Lamezia Terme, e il boss dell’Uditore Pino Sansone, uno dei protagonisti di maggiore rilievo dell’ultima stagione della riorganizzazione di Cosa nostra.
«L’assurda situazione – spiegano i parlamentari di Fratelli d’Italia – nasce da una circolare del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (DAP), che invita tutti i direttori delle carceri a “comunicare con solerzia all’autorità giudiziaria, per eventuali determinazioni di competenza”, il nominativo del detenuto, suggerendo la scarcerazione, se rientra fra le nove patologie indicate dai sanitari dell’amministrazione penitenziaria, ed inoltre, tutti i detenuti che superano i 70 anni, compresi quelli che sono ristretti in regime di 41 bis e Alta sicurezza. La missiva del DAP risale al 21 marzo scorso, quattro giorni dopo la pubblicazione decreto Cura Italia, in cui sono previste alcune misure per scongiurare il rischio di contagio all’interno degli istituti penitenziari, tra cui la possibilità per i condannati per reati di minore gravità di scontare la pena detentiva non superiore a 18 mesi presso la propria abitazione».
«Proprio nel giorno della scarcerazione di Bonura – proseguono Ferro, Varchi, Delmastro e Donzelli – lo stesso Dap ha diffuso un comunicato per sminuire la portata della sua circolare, definendola “un semplice monitoraggio con informazioni per i magistrati sul numero di detenuti in determinate condizioni di salute e di età, comprensive delle eventuali relazioni inerenti la pericolosità dei soggetti”, ma il problema è che quel documento non fa alcuna distinzione fra i detenuti, includendo, quindi, nell’elenco di detenuti con più di 70 anni e qualche patologia, anche i circa 71 boss in regime di 41 bis e nei reparti ad Alta sicurezza, il cosiddetto “carcere duro“, dove era detenuto Bonura e dove sono ancora reclusi capimafia, boss di Cosa nostra, di ‘ndrangheta e di camorra, che adesso puntano ai domiciliari: dal boss di Cosa Nostra Leoluca Bagarella, killer dei corleonesi e cognato di Totò Riina, al cassiere della mafia Pippo Calò, a Nitto Santapaola, l’inventore della Nuova camorra organizzata, e Raffaele Cutolo, fino al capostipite dell’‘ndrangheta Umberto Bellocco».
I deputati di Fratelli d’Italia hanno chiesto quindi ai rappresentanti del governo quali urgenti iniziative ispettive intenda assumere in merito alla situazione di cui in premessa e cosa preveda espressamente la circolare del 21 marzo del Dap, con particolare riferimento all’individuazione delle patologie ritenute incompatibili con il regime di detenzione. I parlamentari hanno quindi chiesto al premier e al guardasigilli se non ritengano che la circolare la circolare deroghi illegittimamente alle norme dell’ordinamento penitenziario che escludono, tra l’altro, i condannati per delitti di mafia dalla possibilità di scontare la pena detentiva ai domiciliari.