La prassi di minimizzare i problemi e le responsabilità quando si verificano impatti rilevanti sull’ambiente e vi sono ingenti interessi economici in gioco è, purtroppo, un film già visto. L’intenzione di minimizzare è, infatti, la sensazione immediata che suscita l’ultimo comunicato stampa della Bieco s.r.l., proprietaria dell’impianto di località “Pipino” a Scala Coeli, dove il 22 giugno 2023, nel torrente Capoferro si è verificato un consistente sversamento di percolato di discarica, un liquido che trae prevalentemente origine dall’infiltrazione di acqua nella massa dei rifiuti o dalla decomposizione degli stessi. Il percolato prodotto dalla discarica di rifiuti speciali non pericolosi di località Pipino nel Comune di Scala Coeli è un refluo con un tenore più o meno elevato di inquinanti organici e inorganici, derivanti dai processi biologici e fisico-chimici.
Vogliamo ricordare e ribadire che il percolato, dopo aver invaso il torrente Patia/Cacciadebiti miscelandosi con le acque sorgive, è finito nel fiume Nicá e di conseguenza nel mar Ionio. Successivamente, ad opera della società proprietaria dell’impianto, il percolato è stato arginato attraverso la realizzazione di bacini artificiali ed aspirato per essere smaltito in impianti autorizzati sia nel territorio regionale che extraregionale. Tale operazione si è protratta nel corso di molti giorni anche per la presenza, lungo la rete idrografica, di alcune sorgenti naturali che hanno alimentato i bacini artificiali.
Secondo quanto risulta dalla stessa relazione tecnica redatta dalla Bieco s.r.l., pervenuta al circolo Nicà di Legambiente a seguito di richiesta di accesso agli atti, dal 22.06.2023 al 13.07.2023, risultano essere state asportate 498 cisterne da 30 mc per un totale di circa 14.940 mc di rifiuti liquidi avviati ad impianti autorizzati. Solo a partire dal 3 luglio scorso sono iniziate le attività di esportazione dei fanghi secchi depositatesi nei bacini apparentemente ancora in corso. Sui luoghi sono stati eseguiti diversi campionamenti da parte dell’Arpacal di cui non si conoscono, allo stato, i risultati.
“Restiamo in attesa – affermano il presidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani e la presidente regionale, Anna Parretta – dei risultati dei doverosi monitoraggi sul possibile inquinamento di acque e suolo a seguito dello sversamento di percolato dalla discarica e del suo permanere per oltre venti giorni nella valle del Nicà per scongiurare la presenza di idrocarburi, metalli pesanti ed altre sostanze inquinanti ed affinchè vengano eseguite le relative corrette attività di bonifica. Inoltre dalla succitata relazione della società Bieco s.r.l. emerge che, sotto la vigilanza dell’Autorità di P.G. che ha sottoposto a sequestro la discarica, sono state eseguite attività di ripristino della coltre d’argilla (un metro) nell’area limitrofa alla fuoriuscita ed il successivo ripristino dell’integrità del telo impermeabile in HDPE soprastante l’argilla”.
Ricordiamo che tra il mese di dicembre 2022 ed il mese di gennaio 2023 il circolo Legambiente “Nicà” aveva denunciato alle Autorità competenti la presenza all’interno della discarica di un ingente quantitativo di liquido, al punto che i rifiuti abbancati, sembravano galleggiare. Orbene, la doppia barriera del telo in HPDE e dell’argilla dovrebbe garantire la perfetta impermeabilizzazione della discarica ed evitare qualsiasi tipo di sversamento. A Scala Coeli si sarebbe quindi verificato un evento decisamente raro che suscita molti fondati interrogativi sulla gestione della discarica.
Sull’accaduto e sulle sue cause sono in corso le indagini della Magistratura, il cui corso, Legambiente, a tutti i livelli associativi, segue con fiducia chiedendo che venga verificata nei fatti occorsi, anche in base alla legge n. 68/2015 che ha inserito i cosiddetti ecoreati nel codice penale, la sussistenza degli eventuali estremi dei reati di inquinamento ambientale e di disastro ambientale o di altri reati rinvenibili e che vengano perseguiti i responsabili.
Ciò che è certo, è che la gravità di quanto verificatosi a Scala Coeli è evidente a tutti. I proprietari della discarica invece di rivolgere fantomatiche quanto palesemente infondate accuse di “terrorismo e aggressione mediatica” a chi fa informazione trasparente e seria sulla vicenda farebbero bene a chiedere scusa al territorio, agli agricoltori ed a tutti gli altri cittadini, per quanto avvenuto nella BioValle del Nicá.
In attesa dell’esito delle indagini in corso, Legambiente chiede e pretende doverose risposte da parte degli Enti interessati in primo luogo dal Dipartimento Territorio e Tutela dell’Ambiente della Regione Calabria a cui abbiamo fatto una serie di segnalazioni.
Sulla gestione dei rifiuti, la Regione Calabria deve, con determinazione, coraggio e coerenza con le proprie stesse normative, invertire la rotta a partire dalla chiusura discarica di Scala Coeli dove l’evidenza dell’accaduto sta dimostrando a tutti le conseguenze ambientali dei comportamenti errati e degli allarmi inascoltati di Legambiente