Resilienza è la parola giusta che i calabresi possono utilizzare per descrivere l’anno che si sta per concludere.
Quella capacità di sopportazione che ha contraddistinto la fine d’anno con la vertenza che ha coinvolto gli ex Lpu/Lsu della Calabria.
Quattromila e cinquecento padri e madri di famiglia che, con una forza incrollabile, hanno, insieme al Sindacato Confederale calabrese, dato vita ad una mobilitazione che è stata in grado di riaprire loro nuovi spazi di manovra, concedendo dieci mesi di tempo per lavorare ad una soluzione che apra loro le porte della tanta agognata stabilizzazione che, anche per noi, rappresenta l’unica via percorribile.
Il risultato raggiunto, seppur parziale, è stato ottenuto attraverso una lunga fase di mobilitazione sul territorio culminata con la manifestazione di Roma, certifica quanto sia grande il bisogno di unità che necessita alla nostra regione, per provare a dare alcune risposte alle tante questioni aperte.
Questa vertenza ha messo, ancora una volta, in evidenza l’incapacità del Governo nel perseguire un’interlocuzione fruttuosa con i corpi intermedi ed una miopia della classe dirigente nazionale nella lettura dei problemi che attanagliano il territorio calabrese.
La Calabria vive come sospesa, sacrificata da una scarsa attenzione del Governo centrale e dalla negligenza di quello regionale. La storia si ripete ormai da anni nonostante l’alternanza dei colori politici dei governi, sia sul piano nazionale che regionale.
La Legge di bilancio che ci auguriamo, evitando l’esercizio provvisorio, in queste ore venga approvata dal Parlamento, mortifica ancora una volta la voglia di riscatto del Mezzogiorno, quel Sud della Penisola che continua ad avere un ruolo marginale nelle politiche dei governi.
La Manovra economia manca di una strategia capace di avviare una stagione di cambiamento concreto per lo sviluppo del Sud. Questa legge non ha al suo interno una idea sul Mezzogiorno che, sganciata da una visione assistenziale, assegni a questa parte d’Italia una sua missione produttiva a valenza ed interesse nazionale.
Contro questa Legge di bilancio che è miope, sbagliata e mortificante, si è già proclamata una fase di mobilitazione. Siamo convinti del fatto che quanto previsto dal Governo colpisce lavoratori e pensionati, non stimola gli investimenti privati, riduce gli investimenti pubblici e, soprattutto, non interviene a favore del Sud e, nel contesto dell’area meridionale, finisce per deprimere ancora di più lo sviluppo della nostra regione.
Il progetto di politica industriale a favore del Sud attinente alle Zone economiche speciali, pare essere sparito dalle priorità dell’agenda di Governo. Roma continua a tagliare i fondi nei confronti dei territori in cui la ripresa è più lenta, tanto che le statistiche ci offrono l’immagine di un Sud in cui cresce l’emorragia occupazionale, dalle cui terre si allontano sempre più numerosi i giovani più promettenti.
Non si procede alla realizzazione di un nuovo piano infrastrutturale fatto di opere pubbliche, che sia in grado togliere dall’isolamento la metà della popolazione nazionale e di ridurre le distanze, ormai siderali, fra la Calabria ed il resto del Paese. E nell’area dei servizi essenziali cresce di più il divario tra il Mezzogiorno e la Calabria, tra il Mezzogiorno è il resto del Paese.
Nella nostra regione il sistema sanitario regionale vive, ormai da tempo, un pericoloso cortocircuito, le cui conseguenze negative vengono pagate dalle fasce di deboli della popolazione.
Sette anni di commissariamento e di piano di rientro hanno prodotto solo problemi per i calabresi costretti, oggi come negli anni passati, a scappare da questa terra per sanare le proprie ferite.
Lo Stato ha mandato in Calabria una sua emanazione diretta per ridurre il debito e migliorare i servizi offerti alla cittadinanza ma, ad oggi, si sono solo disperse ingenti risorse pubbliche e non si è riusciti a migliorare nessun servizio.
Ma attribuire il deficit di assistenza del servizio sanitario regionale al solo piano di rientro senza approfondire e intervenire sulle condizioni di contesto in cui lo stesso piano deve svolgersi, vuol significare non volere affrontare concretamente la questione.
Questa terra appare, infatti, sempre più bistrattata dal suo ceto politico, il quale non riesce a voltare pagina. La vicenda giudiziaria che ha interessato il presidente della Regione, pur nel rispetto di quel garantismo che contraddistingue la nostra azione, è l’ultimo di una lunga serie di atti giudiziari che, in linea di continuità con il passato, ha portato agli onori della cronaca un sistema contorto che frena lo sviluppo di questa terra.
Sintomo evidente che qualcosa non marci per il verso giusto, che ci sia un mondo magmatico fatto di corruttele, dentro il quale si agitano pezzi di mala burocrazia, affaristi di ogni risma, criminalità organizzata ed una fetta di politica incapace di rispondere alle reali esigenze di quella popolazione che le ha assegnato il compito di guidare la cosa pubblica calabrese, pare ormai un fatto assodato.
Questo blocco eterogeneo è una delle cause, se non la causa principale, delle tante sofferenze con le quali i calabresi sono costretti a fare i conti ogni giorno.
Oggi più che mai la Calabria ha bisogno di un cambio di passo. Oggi più di ieri la Calabria ha la necessità di voltare pagina. Questo è quello che una classe politica e dirigente capace deve capire e mettere al centro della propria azione.
Questa regione ha l’urgenza di un profondo rinnovamento della sua classe dirigente. I partiti politici, nel prepararsi alle prossime elezioni regionali, non possono ignorare questo segnale di allarme ma devono adoperarsi per rompere con le pratiche del passato, selezionando donne e uomini che siano in grado di mobilitarsi e rompere quel legame perverso fra politica e malaffare che, in questi anni, ha condizionato la crescita economica, sociale e culturale della Calabria.
Questa regione, la sua gente, ha bisogno di un’alleanza positiva che metta insieme tutte le sue forze sane, moderne ed efficienti e realizzi quella rivoluzione culturale, politica ed istituzionale che è necessaria per cambiare il corso della storia.
L’augurio per il nuovo anno è quello che dalla Calabria si avvii una reale voglia di cambiamento sulla quale si possa raggiungere la più ampia convergenza possibile, per provare a dare nel merito alcune risposte ai problemi del territorio. La Calabria ha innanzitutto bisogno di una stagione di impegno civile dei calabresi.
Santo Biondo
Segretario generale Uil Calabria