Con l’avvento dell’intelligenza artificiale, l’educazione è nella tempesta. Scuola e università devono ripensare radicalmente la propria funzione tornando alle radici della propria storia. Infatti, negli ultimi decenni sono state trasformate almeno in Italia in ammortizzatori sociali per studenti e docenti”. È quanto ha dichiarato Mario Caligiuri, professore di pedagogia della comunicazione all’Università della Calabria, intervenendo al Seminario “Il Progetto Teco nel quadro del miglioramento continuo dell’offerta formativa” promosso dall’ANVUR con numerosi atenei italiani e che si sta svolgendo a Rende. L’iniziativa è stata avviata con l’intervento inaugurale in collegamento del Presidente dell’ANVUR Antonio Uricchio e i saluti del Direttore del Dipartimento Culture Educazione e Società Roberto Guarasci e del Delegato alla Didattica dell’ateneo calabrese Francesco Scarcello, che ha portato i saluti del Rettore Nicola Leone. Caligiuri ha approfondito il tema “Una nuova valutazione per nuovi studenti” evidenziando che la valutazione è la conseguenza più significativa del processo educativo e che nell’istruzione di massa è stata inevitabilmente standardizzata, livellando invece di esaltare i talenti individuali”. “In tale contesto – ha sostenuto – occorre considerare i rapidi e imprevisti cambiamenti provocati dalla metamorfosi digitale, che stanno incidendo sui processi di apprendimento cerebrale, determinando ibridazioni sempre più profonde tra reale e virtuale e tra uomo e macchina”.
“Purtroppo, un po’ in tutto il mondo – ha argomentato – i sistemi educativi sono in affanno, continuando a formare competenze in gran parte superate. Inoltre, l’autonomia delle scuole e delle università sta creando un sistema fuori controllo, con la progressiva precarizzazione degli insegnanti, con un conseguente abbassamento della qualità dell’istruzione”. Caligiuri ha quindi proseguito sostenendo che “c’è bisogno di nuovi saperi per adattare le scienze dell’educazione alla realtà, sopratutto contaminandole con saperi medici come le neuroscienze, la genetica, l’epigenetica, la fisiologia”. La nostra, ha detto, “è una società basata dell’apprendimento come l’ha definita Joseph Stiglitz”. Caligiuri ha quindi evidenziato che finora le conseguenze delle politiche educative si manifestano dopo circa cinquant’anni, affermando che il boom economico degli anni Sessanta è stato sostenuto dalla riforma Gentile del 1923, così come l’attuale condizione dell’istruzione è la conseguenza delle politiche educative emerse dopo il Sessantotto, dove si sono facilitati i percorsi formativi che hanno allargato le distanze sociali.
Per il docente “il ritorno alle origini significa ripartire dalle abilità di base, cioè leggere, scrivere e far di conto, assegnando una funzione decisiva all’età scolare e prescolare”. Infatti, Caligiuri ha citato una ricerca statunitense del 2003 condotta da Betty Hart e Todd R. Risley da cui emerge che nei primi quattro anni di vita i figli delle famiglie ricche ascoltano 48 milioni di parole mentre i figli delle famiglie povere ne ascoltano appena 13 milioni. “Gran parte delle disuguaglianze parte da qui”, ha detto, ricordando il titolo emblematico della ricerca: “La prima catastrofe”. Infine Caligiuri ha affrontato il tema delle sfide telematiche dicendo che “secondo alcune fonti, nel 2030 negli Stati Uniti metà delle università tradizionali saranno costrette a chiudere, incalzate dagli atenei telematici. Infatti, secondo James Rifkin ma non tutti sono d’accordo con lui, il modello dei Massive Open Online Course potrebbe essere sempre più diffuso. Tale modello prevede lezioni a distanza sei 5-10 minuti con verifiche automatiche a risposte predefinite. Insomma un’ennesima compressione del fattore umano”.