Le famiglie con due o più persone e un solo occupato ammontano a 5 milioni 697 mila.
Le persone in età lavorativa che vivono sole sono occupate nel 74,6% dei casi, in cerca di lavoro nel 12,6%.
Tra le coppie con figli (con la madre tra i 25 e i 64 anni) sono tre le tipologie più diffuse: solo il padre occupato a tempo pieno (32,4%); entrambi i genitori lavorano a tempo pieno (27,5%); padre occupato full-time e madre occupata part-time (16,0%).
Almeno un occupato in oltre 15 milioni di famiglie
Nel 2018 ammontano a 18 milioni 823 mila le famiglie con almeno un componente tra i 15 e i 64 anni (72,6% di 25 milioni 926 mila famiglie residenti in Italia). Tra queste, quelle con almeno un occupato sono 15 milioni 374 mila.
La partecipazione al mercato del lavoro all’interno della famiglia ha risentito della crisi economica che, soprattutto tra il 2008 e il 2013, ha arrestato il trend positivo degli anni precedenti e condizionato la ripresa in quelli successivi. Nel 2018 la quota di famiglie con almeno un occupato (81,7%) torna tuttavia ad avvicinarsi al livello del 2008 (82,3%).
Il recupero dei livelli pre-crisi è avvenuto in tutte le regioni del Nord, mentre ancora non si è realizzato nel Mezzogiorno. Tra le regioni meridionali le quote più basse sono stimate in Calabria (67,6%) e in Sicilia (67,9%), dove si registrano anche le distanze più marcate rispetto al 2008 (-5,2 e -4,7 punti percentuali).
Diminuiscono le persone sole inattive in età lavorativa
Nel 2018 si stimano 3 milioni 198 mila persone occupate tra i 15 e i 64 anni che vivono sole (74,6% dei 4 milioni 286 mila famiglie unipersonali in età lavorativa).
L’incidenza è maggiore tra la componente maschile (77,6%), tra coloro che hanno meno di 35 anni (77,0%), tra i residenti al Nord (80,6%) e tra chi ha la cittadinanza straniera (80,1%). Le persone sole disoccupate o potenziali forze di lavoro sono 542 mila, pari al 12,6% (23,7% nel Mezzogiorno e 14,8% tra le persone straniere).
Negli ultimi decenni in Italia è cresciuto il numero di famiglie e diminuito il numero di componenti. Tra il 2004 e il 2018 si è verificato un significativo aumento delle famiglie costituite da una sola persona. Nello stesso periodo è aumentata anche la quota di persone sole occupate, passata dal 68,1% del 2004 al 74,6% del 2018. L’aumento si riferisce esclusivamente alla componente più adulta (oltre i 35 anni) e riguarda sia gli uomini sia le donne. Allo stesso modo è cresciuta la quota delle persone sole disoccupate o forze di lavoro potenziali (dal 7,1% al 12,6%). A diminuire in misura consistente sono stati, invece, gli inattivi in questa fascia di età che vivono soli: dal 24,9% del 2004 (circa metà di questi con pensione da lavoro) al 12,8% del 2018 (meno di un terzo ha una pensione da lavoro).
2004 | 2008 | 2013 | 2017 | 2018 | |
Totale famiglie con almeno un 15-64enne (in migliaia) | 17.359 | 18.068 | 18.873 | 18.822 | 18.823 |
Almeno un occupato | 82,0 | 82,3 | 79,1 | 81,1 | 81,7 |
Senza occupati con almeno una pensione da lavoro | 10,7 | 9,9 | 9,6 | 7,6 | 7,3 |
Senza occupati senza pensioni da lavoro | 7,2 | 7,8 | 11,2 | 11,2 | 11,0 |
di cui: Almeno un disoccupato/Forza lavoro potenziale | 3,9 | 4,6 | 8,0 | 8,0 | 7,7 |
– Unipersonali di 15-64 anni (in migliaia) | 2.753 | 3.291 | 4.071 | 4.245 | 4.286 |
Occupato | 68,1 | 71,1 | 70,2 | 73,5 | 74,6 |
Disoccupato/Forza lavoro potenziale | 7,1 | 8,6 | 13,7 | 13,2 | 12,6 |
Inattivo (a) con pensione da lavoro | 12,0 | 9,5 | 6,8 | 4,5 | 3,9 |
Inattivo (a) senza pensione da lavoro | 12,8 | 10,7 | 9,2 | 8,9 | 8,8 |
– Con due o più persone con almeno un 15-64enne (in migliaia) | 14.606 | 14.777 | 14.802 | 14.577 | 14.537 |
Almeno un occupato | 84,7 | 84,8 | 81,6 | 83,4 | 83,8 |
Senza occupati con almeno una pensione da lavoro | 10,5 | 10,0 | 10,4 | 8,6 | 8,3 |
Senza occupati senza pensioni da lavoro | 4,8 | 5,2 | 8,0 | 8,0 | 7,9 |
di cui: Almeno un disoccupato/Forza lavoro potenziale | 3,3 | 3,7 | 6,4 | 6,5 | 6,3 |
- Al netto delle forze lavoro potenziali
Al Centro-nord più famiglie con due o più occupati
Sono 12 milioni 176 mila le famiglie con due o più persone (pluricomponenti) con almeno un occupato (quasi l’84% delle famiglie pluricomponenti con almeno un 15-64enne). L’incidenza arriva a poco meno del 90% al Nord e nel Centro, mentre nel Mezzogiorno non supera il 75,0%.
Tra queste, le famiglie con due o più occupati sono 6 milioni 479 mila (44,6% del totale delle pluricomponenti).
Tra il 2004 e il 2018 le famiglie con due o più occupati risultano leggermente diminuite: la loro incidenza è scesa dal 45,6% al 44,6%. A livello territoriale, le disparità geografiche si sono ampliate rispetto al periodo pre-crisi. Le famiglie con due o più occupati sono più diffuse al Nord (54,3% delle famiglie pluricomponenti) e al Centro (48,9%), rispetto alle regioni del Mezzogiorno (29,3%).
Il lieve calo complessivo sottintende una forte diminuzione in tutte le ripartizioni geografiche nel periodo di crisi. Tuttavia, mentre dopo il 2013 nel Nord e nel Centro l’incidenza delle famiglie con due o più occupati è tornata a crescere progressivamente riportandosi sui livelli del periodo pre-crisi, nel Sud e nelle Isole il recupero è stato più lento e lo svantaggio rispetto alle altre ripartizioni è aumentato. Nel 2004, infatti, la quota di famiglie con due o più occupati residenti nelle regioni meridionali era pari al 33,3% – contro il 53,4% del Nord e il 48,9% del Centro – ed è scesa al 27,5% nel 2013, senza riuscire a recuperare pienamente negli anni successivi.
Nel Mezzogiorno le coppie con figli sono la tipologia familiare più diffusa (52,5% delle famiglie residenti con almeno un componente in età lavorativa) ma di queste quelle con due o più occupati sono poco più di un terzo (35,6%). Nel Nord e nel Centro, invece, le coppie con figli rappresentano circa il 42,0%, ma quelle con due o più occupati sono la maggioranza (65,3% e 59,9%).
L’incidenza delle famiglie con due o più occupati sul totale delle famiglie pluricomponenti è più elevata tra le famiglie di soli italiani (45,0%) rispetto a quelle composte da soli stranieri (42,2%).
Famiglie pluricomponenti con un solo occupato soprattutto nel Mezzogiorno
Nel 2018 le famiglie con due o più persone e un solo occupato ammontano a 5 milioni 697 mila. In poco più di un quinto (1 milione 236 mila famiglie) vivono anche uno o più percettori di pensione da lavoro. La presenza di famiglie con percettori di pensione da lavoro tra quelle con due o più componenti (con almeno un 15-64enne) è andata gradualmente riducendosi, dal 10,5% del 2004 all’8,5% del 2018, soprattutto a causa dell’inasprimento dei requisiti di accesso alla pensione.
Nelle restanti 4 milioni 461 mila famiglie, invece, è presente solo un occupato (il 30,7% delle famiglie pluricomponenti): 3 milioni 248 mila famiglie sono sostenute da un uomo, 1 milione 213 mila da una donna.
Le famiglie senza pensionati da lavoro e con un solo occupato sono più diffuse nel Mezzogiorno: il 38,1% delle famiglie pluricomponenti (29,6% nel Centro e 25,5% al Nord).
Nel 2018 le famiglie con un solo occupato e senza ritirati dal lavoro risultano lievemente cresciute rispetto a dieci anni prima. L’aumento non è stato graduale nel corso degli anni ma è avvenuto soprattutto negli anni più critici della crisi economica, ovvero tra il 2008 e il 2013, quando il numero di occupati ha subito una notevole contrazione e, di conseguenza, sono diminuite anche le famiglie con più occupati.
Durante la crisi economica, nel Centro-nord c’è stata una re-distribuzione tra famiglie con più occupati e quelle con un solo occupato mentre nel Mezzogiorno sono cresciute le famiglie senza occupati.
Tra le famiglie pluricomponenti sono in aumento quelle senza pensionati con un solo occupato a termine o permanente in part-time. L’incidenza delle famiglie con un solo occupato a temine/collaboratore ha raggiunto il 3,9% nel 2018 (2,4% nel 2004) e quella delle famiglie con un solo occupato permanente/autonomo in part-time è salita al 3,4% (1,6% nel 2004). Viceversa, la quota di famiglie sostenute da un occupato permanente/autonomo a tempo pieno è scesa dal 24,5% al 23,4% (-185 mila famiglie).
FAMIGLIE PLURICOMPONENTI CON ALMENO UN 15-64ENNE PER NUMERO DI OCCUPATI
Oltre 1 milione le famiglie pluricomponenti senza occupati e pensioni da lavoro
La contrazione dell’occupazione durante le recenti crisi economiche ha comportato una contestuale crescita delle famiglie pluricomponenti senza occupati. La graduale ripresa negli anni successivi non ha fatto recuperare i livelli pre-crisi. Nei quindici anni esaminati, l’incidenza di queste famiglie è aumentata dal 15,3% del 2004 al 16,2% del 2018, con un picco del 18,4% nel 2013, per l’effetto negativo della crisi economica che ha annullato la riduzione positiva dei primi quattro anni.
Nel 2018 le famiglie con due o più componenti senza occupati sono stimate in 2 milioni 361 mila. Tra queste, quelle senza occupati nè pensionati da lavoro (quindi prive di redditi/pensioni da lavoro) sono 1 milione 151 mila, con una incidenza pari al 7,9%, valore sostanzialmente stabile dal 2013 dopo la crescita avvenuta negli anni della crisi economica (4,8% nel 2004). Nei restanti casi si tratta di famiglie prive di occupazione, ma sostenute almeno da una pensione da lavoro, la cui incidenza sul totale delle famiglie con due o più componenti è pari all’8,3% (10,5% nel 2004).
Le famiglie prive di redditi/pensioni da lavoro sono sempre più frequentemente quelle in cui è presente un solo genitore con figli senza altri familiari coabitanti. Tra le famiglie monogenitori, nel 2018, è senza lavoro una famiglia su cinque (circa 400 mila famiglie), nel 2004 era circa una su sette. Aumenta rispetto al 2004 anche la quota di famiglie senza redditi da lavoro tra le coppie con figli (dal 3,1% al 5,4%) e senza figli (dal 4,2% al 6,0%).
Le famiglie senza occupati e senza pensionati da lavoro sono molto più diffuse nel Mezzogiorno. Negli anni più acuti della crisi questa tipologia familiare è andata crescendo anche nelle regioni centro- settentrionali ma nel Sud e nelle Isole l’aumento è stato più intenso: già nel 2004 la quota sfiorava il 10,0%, ha raggiunto il 15,5% nel 2018.
Le maggiori criticità si riscontrano nelle famiglie dove sono presenti componenti che si propongono in maniera più o meno attiva sul mercato del lavoro. Tra le famiglie senza occupati e senza pensionati da lavoro, quelle con almeno un componente in cerca di lavoro oppure inattivo e disponibile a lavorare (forza di lavoro potenziale) sono il 79,4%, in crescita rispetto al 2004 (67,3%). Nel 2018 le famiglie in questa condizione ammontano a 914 mila e circa sette su dieci risiedono nel Mezzogiorno.
FAMIGLIE PLURICOMPONENTI SENZA OCCUPATI E SENZA PENSIONATI DA LAVORO
Anni 2004-2018, incidenze percentuali sul totale delle famiglie con due o più componenti
Al Nord e al Centro prevalgono le coppie in cui entrambi lavorano
Nel 2018, nelle quasi 26 milioni di famiglie residenti in Italia vi sono oltre 17 milioni di nuclei (coppie o monogenitori). Tra le coppie sono 11 milioni 299 mila quelle in cui la donna ha un’età compresa tra i 25 e i 64 anni.
La distribuzione del lavoro tra i partner della coppia si è modificata sensibilmente negli ultimi quindici anni per la crescente partecipazione femminile al mercato del lavoro e per gli effetti della recessione economica che ha portato a una significativa diminuzione dell’occupazione maschile e del relativo tasso.
Nonostante la contrazione avvenuta durante il periodo di crisi, le coppie con entrambi i partner occupati risultano le più diffuse e pari, nel 2018, a 5 milioni 22 mila (+276 mila rispetto al 2004, +5,8%). La loro quota sul totale delle coppie è passata dal 40,0% del 2004, al 42,2% del 2008 fino al 44,4% del 2018. L’aumento complessivo è dovuto principalmente alla crescita delle coppie in cui almeno un partner lavora part-time, quasi sempre la donna.
Si confermano le grandi disparità a livello territoriale. La quota di coppie con entrambi i partner occupati si attesta al 55,4% al Nord, al 50,6% nel Centro mentre nel Mezzogiorno arriva appena al 26,4%, senza segnali di crescita rispetto al 2004.
Nel Mezzogiorno sono più numerose le coppie con il solo uomo occupato
Le coppie con un solo partner occupato sono 4 milioni 465 mila nel 2018, in calo di 226 mila unità
(-4,8%) rispetto al 2004 anche se la loro quota sul totale si riporta sui medesimi valori di quindici anni prima (39,5%). Nel complesso, la stabilità è sintesi di una riduzione delle coppie con uomo occupato a tempo pieno (-2,9 punti percentuali), di un lieve incremento di quelle con uomo in part-time (+0,7 punti.) e, soprattutto, della crescita delle coppie con donna occupata (+2,2 punti). La crisi economica, infatti, ha prodotto una maggiore perdita di posti di lavoro nei settori economici dove gli occupati sono per lo più uomini (industria manifatturiera e costruzioni).
Nelle regioni meridionali le coppie con il solo uomo occupato sono ancora la tipologia prevalente: 40,6%, pari a 1 milione 584 mila, contro 27,8% del Centro e 25,2% del Nord. Tale quota, dopo aver subìto una flessione negativa negli anni di crisi, è tornata a salire nel periodo più recente. L’incidenza è ancora più elevata nelle coppie del Mezzogiorno in cui la donna ha conseguito un titolo di studio basso (43,5%) e nelle coppie con due o più figli (46,6%).
DISTRIBUZIONE DELL’OCCUPAZIONE TRA I PARTNER DELLA COPPIA PER RIPARTIZIONE
Anni 2004, 2005, 2013, 2017 e 2018, composizioni percentuali sul totale delle coppie
In aumento le coppie senza occupati e pensionati da lavoro
Nel 2018 le coppie con entrambi i partner senza lavoro, in cui lei ha tra i 25 e i 64 anni, ammontano a 1 milione 812 mila. In 817 mila casi si tratta di coppie in cui né lui né lei sono percettori di pensioni da lavoro.
Nel 2018 le coppie senza occupati e pensionati da lavoro risultano cresciute di 279 mila unità rispetto al 2004; la loro quota sul totale delle coppie è pari al 7,2% (4,5% nel 2004).
A livello territoriale è nel Mezzogiorno che le coppie senza occupati e senza pensionati da lavoro risultano più diffuse (15,0%, contro 4,3% nel Centro e 2,6% nel Nord), soprattutto in Sicilia, Calabria e Campania dove la loro quota sul totale delle coppie si attesta intorno al 18,0%. Soltanto in queste tre regioni risiedono 437 mila coppie prive di redditi/pensioni da lavoro, oltre la metà del totale delle coppie in tali condizioni.
Questo segmento di coppie si è notevolmente ampliato durante i cinque anni di crisi proprio nel Mezzogiorno: tra il 2008 e il 2013 la loro quota è passata dal 10,0% al 15,0% e nel 2018 non si è ancora ridotta (nel Centro dal 2,6 al 4,4%, nel Nord dall’1,5 al 3,0%).
Solo l’uomo occupato a tempo pieno in oltre una coppia con figli su tre
Nel 2018 le coppie con figli con il solo occupato uomo sono 2 milioni 901 mila e rappresentano ancora oltre un terzo delle coppie con figli (34,4%).
In particolare nelle coppie con figli la tipologia più diffusa resta quella con solo il padre occupato a tempo pieno (32,4%), seguita dalle coppie in cui entrambi i genitori lavorano a tempo pieno (27,5%) e dalla combinazione in cui al padre occupato full-time si associa la madre occupata part-time (16,0%). Quest’ultima tipologia è l’unica che mostra una crescita progressiva e costante in tutto l’arco temporale esaminato (11,9% nel 2004).
Tra le coppie senza figli, invece, il modello prevalente è quello con entrambi i partner occupati a tempo pieno (28,1%).
COPPIE (DONNA 25-49 ANNI) CON FIGLI E SENZA: L’OCCUPAZIONE DEI PARTNER
Anno 2018, composizioni percentuali sul totale delle coppie con figli e senza figli
Se si considerano le coppie più giovani, ovvero quelle in cui la donna ha un’età compresa tra i 25 e i 49 anni (6 milioni 533 mila nel 2018), le differenze tra le coppie con figli e quelle senza figli diventano più marcate in termini di distribuzione del lavoro tra i partner.
Nelle coppie più giovani con figli la quota di quelle con entrambi i partner occupati a tempo pieno è più bassa, pari al 28,6% (17,1% nel Mezzogiorno) contro il 45,9% delle coppie più giovani senza figli, e tende a ridursi sensibilmente al crescere del numero dei figli: dal 32,4% nelle coppie con un figlio al 26,2% nelle coppie con due figli o più, a prescindere dal titolo di studio della madre.
Nelle coppie più giovani con figli, nel 19,2% dei casi l’uomo lavora con un regime orario a tempo pieno e la donna con un orario ridotto contro il 14,8% di quelle senza figli. Questa tipologia è più diffusa al Centro-nord (24,6%) rispetto al Mezzogiorno (9,7%), dove prevale la coppia con solo il padre occupato full-time (45,3%).
Le quote di entrambi i genitori occupati aumentano in presenza di madri che hanno conseguito un alto titolo di studio, anche con carichi familiari impegnativi. Se la madre è laureata, infatti, la quota di coppie in cui entrambi lavorano full-time è pari al 50,4% (contro il 14,5% di donne con al massimo la licenza media e il 28,6% di diplomate). Quelle in cui il padre lavora full-time e la madre part-time si attesta al 20,0% in presenza di un figlio e al 23,9% in presenza di due figli o più.
Forze lavoro: comprendono le persone occupate e quelle disoccupate.
Occupati: comprendono le persone di 15 anni e più che nella settimana di riferimento:
- hanno svolto almeno un’ora di lavoro in una qualsiasi attività che preveda un corrispettivo monetario o in natura;
- hanno svolto almeno un’ora di lavoro non retribuito nella ditta di un familiare nella quale collaborano abitualmente;
- sono assenti dal lavoro (ad esempio, per ferie o malattia). I dipendenti assenti dal lavoro sono considerati occupati se l’assenza non supera tre mesi, oppure se durante l’assenza continuano a percepire almeno il 50% della retribuzione. Gli indipendenti assenti dal lavoro, ad eccezione dei coadiuvanti familiari, sono considerati occupati se, durante il periodo di assenza, mantengono l’attività. I coadiuvanti familiari sono considerati occupati se l’assenza non supera tre mesi.
Disoccupati (o in cerca di occupazione): comprendono le persone non occupate tra i 15 e i 74 anni che:
- hanno effettuato almeno un’azione attiva di ricerca di lavoro nelle quattro settimane che precedono la settimana di riferimento e sono disponibili a lavorare (o ad avviare un’attività autonoma) entro le due settimane successive;
- oppure, inizieranno un lavoro entro tre mesi dalla settimana di riferimento e sarebbero disponibili a lavorare (o ad avviare un’attività autonoma) entro le due settimane successive, qualora fosse possibile anticipare l’inizio del lavoro.
Inattivi (o non forze di lavoro): comprendono le persone che non fanno parte delle forze di lavoro, ovvero quelle non classificate come occupate o disoccupate.
Forze lavoro potenziali: gli inattivi (vedi definizione) tra 15 e 74 anni che presentano almeno una delle seguenti caratteristiche:
- non hanno cercato un lavoro nelle ultime quattro settimane, ma sono disponibili a iniziare un lavoro entro due settimane dall’intervista;
- hanno cercato un lavoro nelle ultime quattro settimane, ma non sono disponibili a iniziare un lavoro entro due settimane dall’intervista.
Pensionati da lavoro: comprendono le persone non occupate che dichiarano di essere ritirate dal lavoro e di percepire una pensione da lavoro (anzianità o vecchiaia).
Famiglie: insieme di persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela, o da vincoli affettivi, coabitanti e aventi dimora abituale nello stesso comune (anche se non sono ancora iscritte nell’anagrafe della popolazione residente del comune medesimo). Una famiglia può essere costituita anche da una sola persona. L’assente temporaneo non cessa di appartenere alla propria famiglia sia che si trovi presso altro alloggio (o convivenza) dello stesso comune, sia che si trovi in un altro comune italiano o all’estero.
Famiglie con componenti in età da lavoro: famiglie con almeno un componente con un’età compresa tra i 15 e i 64 anni
Nucleo familiare: insieme di persone che formano una relazione di coppia o di tipo genitore-figlio. Si intende la coppia coniugata o convivente, senza figli o con figli mai sposati, o anche un solo genitore assieme a uno o più figli mai sposati. Il concetto di nucleo familiare è normalmente più restrittivo rispetto a quello di famiglia; infatti nell’ambito di una famiglia possono esistere uno o più nuclei familiari. Può non esservene nessuno come nel caso delle famiglie unipersonali.
Introduzione
La Rilevazione campionaria sulle forze di lavoro costituisce la principale fonte statistica sul mercato del lavoro italiano. Da essa derivano le stime ufficiali degli occupati e delle persone in cerca di lavoro. Il suo utilizzo per analisi di tipo sia congiunturale sia strutturale è quanto mai ampio: l’evoluzione dei principali indicatori del mercato del lavoro può essere studiata in modo disaggregato a livello territoriale, settoriale e per le principali caratteristiche sociodemografiche della popolazione.
La Rilevazione campionaria sulle forze di lavoro è stata profondamente ristrutturata a partire dal 2004 negli aspetti contenutistici, definitori, tecnici e organizzativi. La ristrutturazione, dettata in primo luogo dalla necessità di adeguare l’indagine ai nuovi standard comunitari, vuole anche rispondere alle accresciute esigenze conoscitive nonché all’obiettivo di miglioramento della qualità della rilevazione. In confronto al passato, i principali cambiamenti introdotti nel 2004 riguardano la periodicità dell’indagine, non più svolta in una specifica settimana per ciascun trimestre ma distribuita su tutte le settimane dell’anno; i criteri di classificazione degli individui secondo la condizione professionale; l’ampliamento dei contenuti informativi; il ricorso a una rete di rilevazione professionale, composta da oltre 300 rilevatori; l’utilizzo di tecniche computer-assisted in sostituzione dei tradizionali modelli di rilevazione cartacei, in particolare le tecniche Capi (Computer assisted personal interview) e Cati (Computer assisted telephone interview); l’attivazione di un complesso sistema informativo-informatico che supporta lo svolgersi dell’indagine, dal monitoraggio della qualità del lavoro sul campo all’acquisizione per via telematica dei nominativi delle famiglie dai comuni del campione.
In occasione dell’ultima ristrutturazione l’Istat ha ricostruito le serie storiche dei principali indicatori del mercato del lavoro per raccordare i risultati ottenuti attraverso la precedente metodologia con quelli della nuova rilevazione avviata nel 2004. Il raccordo, effettuato con una tecnica statistico-econometrica, ha riguardato inizialmente il periodo IV trimestre 1992 – IV trimestre 2003. Un successivo lavoro ha consentito di disporre di serie storiche ricostruite fin dal 1977 per i principali aggregati . Tali ricostruzioni, nonostante abbiano riguardato un elevato numero di variabili, non arrivano al livello di dettaglio informativo delle tavole di media annua e quindi per alcune delle informazioni ivi contenute non esistono termini di paragone omogenei per gli anni precedenti al 2004. Il 2 marzo 2015, in occasione del rilascio dei dati di media del 2014, sono stati diffusi i dati ricostruiti mensili, trimestrali e annuali dal 2002 al 2014, tenendo conto della ricostruzione statistica delle serie di popolazione a seguito delle risultanze del Censimento della popolazione e delle abitazioni del 2011, già diffusa dall’Istituto il 14 gennaio 2015.
Nella lettura dei dati, infine, è bene prestare attenzione al livello di errore statistico dovuto alla natura campionaria della rilevazione, che può essere sensibile per gli aggregati meno consistenti e per i livelli di dettaglio più elevati.
Universo di riferimento
L’universo di riferimento dell’indagine è costituito da tutti i componenti delle famiglie residenti in Italia, anche se temporaneamente all’estero. Sono escluse le famiglie residenti in Italia che vivono abitualmente all’estero e i membri permanenti delle convivenze (ospizi, brefotrofi, istituti religiosi, caserme, eccetera). La popolazione residente comprende le persone, di cittadinanza italiana e straniera, che risultano iscritte alle anagrafi comunali.
Unità di rilevazione e di analisi
L’unità di rilevazione è la famiglia di fatto. Questa va intesa come un insieme di persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela o da vincoli affettivi, coabitanti e aventi dimora abituale nello stesso comune, anche se non residenti nello stesso domicilio. Una famiglia può essere costituita anche da una sola persona. Un questionario individuale viene posto a ciascun componente della famiglia di fatto. Unità di analisi sono sia gli individui sia le famiglie.
Periodicità e riferimenti temporali
A partire dal 2004, la rilevazione è divenuta continua in quanto le informazioni sono rilevate con riferimento a tutte le settimane dell’anno tenuto conto di un’opportuna distribuzione del campione complessivo nelle 13 settimane di ciascun trimestre.
I risultati dell’indagine, elaborati e diffusi con cadenza trimestrale, restituiscono in tal modo un’immagine media del trimestre piuttosto che relativa a un preciso istante temporale.
A partire da ottobre 2009 è iniziata anche la diffusione delle stime mensili dei principali indicatori del mercato del lavoro, rivolte a offrire una più tempestiva informazione. Tali stime, prodotte con un’opportuna metodologia statistica, sono diffuse a distanza di circa 30 giorni dalla fine di ciascun mese di riferimento.
In generale, le informazioni raccolte si riferiscono a una settimana, detta di riferimento, che va dal lunedì alla domenica successiva. L’età degli intervistati viene considerata in relazione alla domenica della settimana di riferimento. Alcune informazioni (ad esempio, stato civile, livello di istruzione, cittadinanza) sono invece rilevate con riferimento al momento in cui viene svolta l’intervista. Quest’ultima viene generalmente condotta nel corso della settimana di rilevazione, quella seguente alla settimana di riferimento. D’altro canto, qualora non sia possibile effettuare l’intervista nella settimana di rilevazione, si può condurla in una delle cosiddette settimane di coda, ovvero in una delle quattro settimane seguenti quella di rilevazione.
Disegno campionario
Il campione utilizzato è stato progettato per assicurare prefissati livelli di precisione delle stime trimestrali a livello regionale e provinciali in media d’anno. Il campione è a due stadi, rispettivamente comuni e famiglie, con stratificazione delle unità di primo stadio. Le unità di primo stadio sono stratificate all’interno di ciascuna provincia sulla base della dimensione demografica dei comuni. In seguito a tale stratificazione i comuni vengono suddivisi in autorappresentativi e non autorappresentativi. I primi, costituiti da quelli con popolazione superiore a una soglia prestabilita che varia da provincia a provincia, sono inclusi nel campione con certezza; i secondi, la cui popolazione è al di sotto delle soglie prefissate, sono invece raggruppati in strati omogenei per provincia in modo da ottenere livelli costanti di popolazione complessiva. Essi entrano nel campione attraverso un meccanismo di selezione casuale che prevede l’estrazione di un comune da ciascuno strato con probabilità proporzionale al peso demografico di ciascun comune nello strato. I comuni campione non autorappresentativi vengono sostituiti quando non sono più in grado di fornire nuove famiglie campione. Per ciascun comune viene estratto dalla lista anagrafica un campione casuale semplice di famiglie.
A ciascuna famiglia del campione, detta famiglia base, sono associate tre famiglie sostitute a cui si ricorre nel caso in cui la famiglia base non voglia o non possa partecipare alla rilevazione. Ciascun gruppo di quattro famiglie, composto dalla famiglia base e da tre famiglie sostitute, è chiamato quartina.
L’estrazione delle famiglie campione dalle liste anagrafiche dei comuni viene effettuata con cadenza annuale, nel mese di marzo, in modo da assicurare la formazione dei campioni per quattro rilevazioni consecutive, dal terzo trimestre di un anno al secondo trimestre dell’anno successivo. Il campione delle unità di secondo stadio è caratterizzato da una struttura longitudinale che segue uno schema di rotazione del tipo 2-2-2 per cui ogni famiglia viene intervistata per due trimestri successivi, esce temporaneamente dal campione per due rilevazioni, vi rientra per due ulteriori tornate per poi uscire definitivamente. Tale sistema di rotazione consente di mantenere invariata metà della composizione del campione in due trimestri consecutivi e in trimestri a distanza di un anno l’uno dall’altro. La scelta del sistema di rotazione è tale da conciliare in maniera ottimale le esigenze di costruzione di stime di “livello” e di “variazione”: quanto maggiore è il numero di famiglie che si rinnovano di periodo in periodo, tanto maggiore è l’affidabilità delle stime di livello; parimenti, quanto più consistente è la quota di famiglie in comune da una rilevazione all’altra, tanto più risultano stabili le stime relative alle differenze tra periodi successivi (stime di variazione). Tale schema permette altresì di effettuare analisi longitudinali e di flusso, importanti per uno studio della dinamica del mercato del lavoro.
Le stime si ottengono assegnando a ciascuna osservazione campionaria un peso, chiamato coefficiente di riporto all’universo, che esprime il numero delle unità della popolazione rappresentate dall’unità campionaria in questione. Per il calcolo dei coefficienti di riporto all’universo viene utilizzato uno stimatore di ponderazione vincolata. I pesi sono ottenuti risolvendo un problema di minimo vincolato in cui le stime campionarie di alcune variabili ausiliarie sono poste uguali ai corrispondenti totali noti da fonti esterne all’indagine. Le informazioni esterne utilizzate fanno riferimento essenzialmente alla distribuzione della popolazione per sesso e classi di età a diversi livelli di dettaglio territoriale (regioni, province, grandi comuni).
La popolazione di riferimento di ciascun trimestre si ottiene dalla popolazione residente (aggiornata alla data più prossima al trimestre di riferimento dell’indagine), al netto dei membri permanenti delle convivenze.
La precisione delle stime
Al fine di valutare l’accuratezza delle stime prodotte da un’indagine campionaria è necessario tenere conto dell’errore campionario che deriva dall’aver osservato la variabile di interesse solo su una parte (campione) della popolazione. Tale errore può essere espresso in termini di errore assoluto (standard error) o di errore relativo (cioè l’errore assoluto diviso per la stima, che prende il nome di coefficiente di variazione, CV).
Nel prospetto A, per alcuni degli indicatori presenti in questo report, sono riportate le stime puntuali e gli errori relativi ad esse associati.
PROSPETTO A – ERRORI RELATIVI DELLE STIME DEI PRINCIPALI INDICATORI. ANNO 2018
Stima puntuale | Errore relativo (CV) | |
Famiglie (con almeno un 15-64enne) con due o più persone e almeno un occupato (migliaia di unità) | 12.176 | 0,00359 |
Famiglie (con almeno un 15-64enne) con due o più persone senza occupati e pensioni da lavoro (migliaia di unità) | 1.151 | 0,01209 |
Coppie (con la donna di 25-64 anni) con entrambi i partner senza lavoro (migliaia di unità) | 1.812 | 0,00957 |
Persone sole (15-64 anni) occupate (valore percentuale) | 74,,6 | 0.00365 |
Coppie con figli (con la madre di 25-64 anni) con solo il padre occupato a tempo pieno (valore percentuale) | 32,4 | 0.00643 |
A partire da questi è possibile costruire l’intervallo di confidenza che, con un prefissato livello di fiducia, contiene al suo interno il valore vero, ma ignoto, del parametro oggetto di stima. L’intervallo di confidenza è calcolato aggiungendo e sottraendo alla stima puntuale il suo errore campionario assoluto, moltiplicato per un coefficiente che dipende dal livello di fiducia; considerando il tradizionale livello di fiducia del 95%, il coefficiente corrispondente è 1,96.
Nel prospetto B, sono illustrati i calcoli per la costruzione dell’intervallo di confidenza di una delle stime in valore assoluto e di uno degli indicatori percentuali.
PROSPETTO B – CALCOLO ESEMPLIFICATIVO DELL’INTERVALLO DI CONFIDENZA. ANNO 2018
Famiglie (con almeno un 15-64enne) con due o più persone e un solo occupato (migliaia di unità) | Coppie (con la donna
di 25-64 anni) in cui lavorano entrambi (%) |
|
Stima puntuale: | 5.697 | 44,4 |
Errore relativo (CV) | 0,00531 | 0,00423 |
Stima intervallare | ||
Semi ampiezza dell’intervallo: | (5.697 x 0,00531) x 1,96 = 59,3 | (44,4 x 0,00423) x 1,96 = 0,4 |
Limite inferiore dell’intervallo di confidenza: | 5.697 – 59= 5.638 | 44,4 – 0,4= 44,0 |
Limite superiore dell’intervallo di confidenza: | 5.697 + 59= 5.756 | 44,4 + 0,4= 44,8 |
La diffusione dei risultati
I microdati ad uso pubblico sono disponibili al link https://www.istat.it/it/archivio/127792.
Ricercatori e studiosi possono inoltre accedere al Laboratorio di Analisi dei Dati Elementari (ADELE) per effettuare le proprie analisi statistiche sui microdati della Rilevazione sulle forze di lavoro, nel rispetto delle norme sulla riservatezza dei dati personali.