In merito alla discussione in atto in Calabria relativa all’approvazione da parte della Giunta Regionale per l’istituzione del Corso di Laurea Magistrale Interateneo in Medicina e Tecnologie Digitali tra l’Unical di Rende e l’UMG di Catanzaro, l’Ordine degli Ingegneri di Catanzaro è stato l’unico organo a prendere una posizione chiara e netta, sollevando la questione, nel silenzio più generale, già nello scorso mese di dicembre.
Occorre fare alcune precisazioni di natura tecnica, soprattutto a seguito delle dichiarazioni dell’assessore regionale prof.ssa Savaglio che, a margine della presentazione del nuovo corso di laurea, ha dichiarato testualmente: “Finalmente, anche in Calabria arriva una disciplina di punta che applica la tecnologia alla salute”.
È singolare che un assessore regionale all’istruzione e l’università, nonché docente universitaria, non conosca l’intera offerta formativa della regione che amministra. Difatti la “disciplina che applica la tecnologia alla salute” in Calabria esiste già da circa 20 anni, con il Corso di laurea interateneo in Ingegneria Biomedica presso l’università Magna Graecia di Catanzaro. Un corso che nasce proprio con lo scopo di far incontrare il mondo medico e quello tecnologico. Sono centinaia i ragazzi laureati a Catanzaro e che operano nel settore in tutta Italia.
Entrando nel merito, occorre altresì ribadire che il corso interateneo in Medicina e Tecnologie Digitali, che consentirà agli iscritti, al termine del ciclo di studi di 6 anni, di conseguire oltre al titolo di dottore in Medicina e Chirurgia, anche la laurea triennale in Ingegneria Informatica indirizzo Bioinformatico, nasce in un contesto in cui viene messo in discussione lo schema del 3+2.
Difatti il Consiglio Nazionale degli Ingegneri, attraverso il Gruppo di lavoro sulla formazione universitaria del Consiglio Nazionale degli Ingegneri lo scorso anno ha presentato la proposta di modificare l’attuale percorso di studi necessario per diventare ingegnere, con l’intenzione di sostituire lo schema 3+2 e la contestuale abolizione della sezione B dell’Albo. Pertanto, appare una scelta in controtendenza quella di creare una nuova figura professionale mista Medico/bioinformatico con un percorso completo di Medicina ed una triennale in ingegneria. Siamo pertanto convinti, semmai, che una figura ibrida Medico/ingegnere non potrà mai sostituirsi a quella dell’ingegnere biomedico/clinico.
È opportuno ricordare che nel maggio del 2019, qui in Calabria, proprio all’interno del Campus di Catanzaro, si è tenuto un importantissimo Convegno nazionale degli Ingegneri Clinici, una realtà oramai consolidata all’interno dei sistemi sanitari, che ha visto la partecipazione di oltre 1500 professionisti provenienti da ogni parte di Italia e oltre 50 aziende multinazionali leader del settore in ambito di tecnologie mediche.
Perciò, è un dato pressoché diffuso che l’ingegnere biomedico/clinico rappresenti il supporto ideale alla classe medica e clinica, una professionalità di assoluto impatto specialistico e consolidato nel settore sanitario, forte di un percorso di studi quinquennale molto complesso oltre a master di prestigio. L’attuale crisi pandemica sta dimostrando, tra l’altro, quanto sia importante e fondamentale il ruolo degli ingegneri biomedici/clinici all’interno dell’Istituzione sanitaria e non è un caso che recentemente sia stata pubblicato dal Consiglio nazionale degli ingegneri il Regolamento per l’iscrizione all’ Elenco nazionale certificato degli Ingegneri biomedici e clinici ai sensi dell’art. 10, comma 2 della legge 11 gennaio 2018 n.3, Ddl Lorenzin, che inquadra, di fatto, l’ingegnere biomedico/clinico come parte integrante e funzionale del sistema sanitario.
La discussione non deve diventare un mero dibattito sull’apertura o no di Medicina a Cosenza, diventando una banale disputa campanilistica. Riteniamo solo chiarire che in una regione così complessa come la Calabria, priva di un forte tessuto produttivo e imprenditoriale rispetto al resto del Paese, il sistema universitario dovrebbe essere assolutamente tutelato e potenziato nel suo insieme, salvaguardando una strategia di insieme e privilegiando le naturali vocazioni formative costruite negli anni nei tre atenei calabresi. È assolutamente corretta la collaborazione e la creazione di corsi interateneo, ma sempre funzionali alla vocazione e percorso didattico complessivo. Ha avuto senso, ad esempio, aprire il corso interateneo di Ingegneria biomedica a Catanzaro con la presenza della Facoltà di Medicina; non avrebbe invece senso aprirne uno di ingegneria elettronica, meccanica, edile ecc perché fuori vocazione. Minacciare questo equilibrio formativo rischierebbe di indebolire l’intero sistema universitario calabrese.
Sarebbe quindi auspicabile che i due atenei calabresi, in primis, e la stessa Regione riguardassero tale provvedimento, tenendo presente le considerazioni sopraelencate e coinvolgendo tutte le Istituzioni calabresi interessate.
Ing. Cristian Veraldi
Coordinatore dipartimento Ingegneria Biomedica e Clinica