C‘è una difficoltà a comprendere le mafie e a definirle. Non sono fenomeni strettamente locali perché riescono a riprodursi con successo anche in territori lontani da quelli d’origine e si distinguono dalla criminalità organizzata per la loro capacità di fare sistema”.
E’ quanto ha affermato il docente e saggista Antonio Nicaso, intervenendo al Master in Intelligence dell’Università della Calabria, diretto da Mario Caligiuri. Nicaso ha ricordato come “il fascismo abbia combattuto solo la mafia degli stracci, ricordando le difficoltà, soprattutto politiche, incontrate dal prefetto Cesare Mori a risalire “su per li rami”, come lo stesso funzionario ricordava nell’omonimo libro autobiografico.
Infatti, le mafie sono sistemi di potere non semplice violenza organizzata”. Ha proseguito dicendo che “il rapporto con il potere è un elemento costitutivo della ‘Ndrangheta, come dimostra lo scioglimento del consiglio comunale di Reggio Calabria nel 1869, quando il boss Francesco De Stefano intimidiva i rappresentanti del mondo clericale e monarchico su sollecitazione della destra cavouriana legata al potentato fondiario”.
“Le mafie – per Nicaso – possono inizialmente essere spiegare con le teorie di controllo sociale che erano funzionali al potere”. «Non sono mai state rivoluzionarie in quanto fenomeni di classi dirigenti», ha affermato Nicaso che insegna storia sociale della criminalità organizzata alla Queen’s University in Canada. Per Nicaso “è stata sottovalutata la dimensione economica delle ‘Ndrangheta che si distingue dalle altre organizzazioni criminali. Infatti, occorre distinguere tre categorie: chi produce beni e servizi illegali, chi li commercializza e chi governa il territorio in cui quei beni e servizi vengono anche venduti. Quest’ultimo aspetto è una caratteristica determinante per controllare i flussi elettorali (condizionare i risultati), risolvere dispute (esercitare la giustizia), condizionare l’economia (alterare le regole del mercato). In particolare la ‘Ndrangheta è un’organizzazione sempre meno eversiva e sempre meno violenta, in quanto costantemente legata al controllo del territorio”. Nicaso ha ricordato che “secondo l’Interpol, la ‘Ndrangheta è presente in trenta paesi dei cinque continenti. I metodi di contrasto differiscono molto, in quanto, per esempio, il reato associativo è visto come liberticida in alcuni Paesi, come Germania e Svizzera, mentre in altri, come Danimarca e Svezia, non si sono ancora posti il problema”. Il docente ha rappresentato che “nei paesi dell’est la mafia sta intercettando i fondi europei con la costituzione di società miste, mettendo a disposizione risorse economiche e persone. Quindi per qualcuno viene addirittura vista come un’opportunità. C’è allora una notevole difficoltà a combattere il fenomeno, per il quale occorre volontà politica. Infatti, i soldi delle mafie fanno spesso comodo alle banche e alle imprese, utilizzando le evidenti asimmetrie legislative che esistono tra i vari Paesi”.
Nicaso ha poi approfondito quanto sta accadendo in Canada, che è il paese dove vive. Ha detto che ” in Canada è possibile investire in società di comodo che non hanno l’obbligo di comunicare il beneficiario degli finanziamenti. Sarebbe utile creare una sorta di pubblico registro dove ogni titolo immobiliare dovrebbe corrispondere a una persona fisica.
Questo potrebbe significare il blocco dell’attività edilizia ma occorre riflettere sulla circostanza che l’anno scorso a Toronto si siano costruiti il maggior numero di appartamenti del mondo, sebbene il 30 per cento di quelli già realizzati risultino sfitti”. Affrontando poi il tema di attualità della Brexit, ha affermato che “può rappresentare un grande problema, rendendo il Regno Unito sempre più permeabile al malaffare, essendo sede di paradisi fiscali, come i possedimenti privati della Corona, e della piazza finanziaria più importante del mondo, la City di Londra, dove confluiscono capitali da ogni dove”. Nicaso ha poi ricordato che “se nel 2007 non ci fosse stato la strage di Duisburg, la ‘Ndrangheta non sarebbe stata percepita come pericolo planetario”, evidenziando come grumi di potere abbiano consentito l’esplosione della ‘Ndrangheta, che non si è affermata per contagio, ma grazie alla capacità di ricostruire anche altrove in modo esteso gli stessi coacervi di interessi. Il docente ha quindi concluso sostenendo che “non abbiamo bisogno di parole e di prediche inutili ma di fatti e di esempi concreti. Bisogna investire in cultura e ricerca, bisogna porre mano alle necessarie riforme normative e, sull’esempio dell’Interpol, dare vita a strategie congiunte di contrasto. «Bisogna affrancarsi dal bisogno e dalla paura. E per farlo bisogna dimostrare coraggio, ma anche determinazione, soprattutto sul fronte politico la lotta alle mafie è una battaglia che deve diventare prioritaria nelle agende di ogni governo».