Che la Legge Regionale con cui si dava il via all’integrazione tra l’azienda ospedaliera universitaria “Mater Domini” e l’’azienda ospedaliera “Pugliese-Ciaccio” di Catanzaro presentasse perplessità e profili di incostituzionalità e, in quanto tale, si esponesse ad una possibile impugnativa da parte del Governo nazionale davanti la Corte Costituzionale, lo avevo dichiarato pubblicamente io per primo già alcuni mesi prima della sua approvazione e sin dalla presentazione della proposta di legge. Ricorderete tutti che per primo avevo presentato una proposta di legge di integrazione delle due Aziende Ospedaliere. Quella proposta altro non era che la riproduzione del testo di legge concordato dalla Presidenza della Giunta Regionale e dal Commissario ad acta per il piano di rientro sanitario in Calabria, ing. Massimo Scura.
Lo afferma in una nota il consigliere regionale Arturo Bova.
Guarda caso però, non era gradita a qualcun altro. Viene da dire che l’unica cosa su cui si era trovato un accordo tra Regione Calabria e Commissario ad acta, immediatamente era stata “sterilizzata” da chi, nell’ombra, evidentemente rappresenta altri interessi e di natura privata, di certo non quelli collettivi.
La mia proposta venne lasciata giacere in Commissione Sanità fino a quando, dopo alcuni mesi di assoluto silenzio, venne depositata un’altra proposta di legge a firma di tutti gli altri consiglieri regionali dell’area centrale della Calabria.
La novità che caratterizzava sostanzialmente la proposta degli altri consiglieri era l’inclusione nella integrazione ospedaliera anche dell’ospedale “Giovanni Paolo II” di Lamezia Terme. Senza entrare nel merito dell’assurdità di quella proposta per ristrettezza di spazio, mi limito a ricordare lo scontro aspro tra il sottoscritto e gli altri consiglieri presentatori della seconda proposta di legge. Partecipai anche alle sedute della Commissione Sanità dove sostenni la bontà e fondatezza della mia proposta di legge e, per converso, l’assoluta pretestuosità ed illegittimità dell’altra proposta che prevedeva l’integrazione anche del presidio ospedaliero lametino. La mia tesi era stata perorata e sostenuta anche dall’Ufficio Legislativo del Consiglio Regionale. Purtroppo non ci fu nulla da fare.
Alla fine si dovette convergere sul secondo testo. Ebbi modo di evidenziare in sede di approvazione in Consiglio, che la mia posizione non doveva essere interpretata come un ripensamento, ma soltanto come una decisione imposta e necessitata comunque dalla urgenza di procedere alla integrazione delle due Aziende Ospedaliere di Catanzaro, unico caso in Italia di una città con due A.O., stante la pregiudiziale che i vari Governi che si sono succeduti negli ultimi 20 anni hanno imposto affinché si potessero utilizzare i fondi nazionali per la costruzione del nuovo hub nel capoluogo di regione.
Ma dissi a chiare lettere e a voce alta che quel testo si esponeva all’ impugnativa governativa dinanzi la Consulta e che ove fosse successo ciò, chi non aveva voluto darmi ascolto avrebbe dovuto assumersene la responsabilità davanti ai calabresi tutti. E come non ricordare anche un documento sottoscritto da una pluralità di medici lametini che ribadivano la bontà della mia proposta, bocciando l’altra.
Non mi stupisce, quindi, che il Governo intenda impugnare la norma.
Ciò che mi stupisce è la superficialità con cui questa vicenda la si sia fatta passare e l’abbandono totale in cui sono stato lasciato in questa battaglia per il futuro di Catanzaro e dell’intera Calabria, eccezion fatta per il solito appoggio incondizionato di Art. 1, partito politico in cui milito e che rappresento nel Consiglio Regionale. Certo, oggi, alla luce delle folgorazioni sulla via di Damasco per molti consiglieri regionali che, con disinvoltura unica, sono transitati dal Pd al centro-destra, tanti nodi sono venuti al pettine e alcuni scenari, prima occulti per la moltitudine ma ben presenti per gli addetti ai lavori, si sono palesati nella loro squallida nudità.
Eppure la nascita del nuovo ospedale hub a Catanzaro significherebbe assegnare a Catanzaro il ruolo di prima città nel sud peninsulare a livello di offerta sanitaria. Con tutte le conseguenze in termine di crescita economica, sociale e culturale del nostro capoluogo e dell’intero territorio regionale. Non assisteremmo più alla migrazione sanitaria, non dovremmo quantomeno più subirla, ma addirittura diventeremmo noi centro sanitario di attrazione per l’intero Sud Italia
Mi auguro che la Regione non faccia l’errore di resistere nel giudizio costituzionale, anche perché ciò comporterebbe un notevole sforzo economico che graverebbe non sulle spalle di qualche stolto, ma su quelle dei calabresi.
Andiamo subito in Consiglio, eliminiamo la stortura denunciata con il ricorso costituzionale, e modifichiamo la legge sulla integrazione delle Aziende Ospedaliere di Catanzaro. In questo modo verrà meno la materia del contendere e si potrà procedere speditamente a concretizzare l’integrazione e, successivamente, alla costruzione del nuovo hub.
Mi rivolgo soprattutto ai sindacati confederali che ieri hanno scritto quella bellissima ed indelebile pagina sul percorso che dovrà essere seguito nella Sanità calabrese: c’è bisogno della loro presenza e del loro peso politico e sociale.
Alla politica e al Consiglio Regionale dico solo di non perdere questa occasione. Questa volta i calabresi non credo sopporterebbero di vedere sacrificato il loro presente e il loro futuro sull’altare della bramosia altrui.