Un’occasione speciale per ritrovarsi dopo i lunghi mesi di lontananza forzata, stare insieme nel rispetto delle norme previste per il contenimento della diffusione del covid 19, finalmente a portata di occhi e di sguardi che esprimono riconoscenza, affetto e voglia di vivere.
La grande famiglia del Centro calabrese di solidarietà di Catanzaro si è ritrovata nella sede di Villa Emilia – struttura che opera con lo scopo di assicurare trattamenti residenziali mirati al recupero personale e al reinserimento – nel giorno in cui il mondo celebra la giornata contro il consumo ed il traffico illecito di droga. Anche per festeggiare con qualche mese di ritardo il 34esimo compleanno del CCS, Ente no profit che dal 21 marzo 1986 opera nel campo del disagio e dell’emarginazione giovanile, attraverso l’accoglienza, il prendersi cura e l’attivazione di azioni di reinserimento di sociale di soggetti svantaggiati quali, donne vittime di violenza, tossicodipendenti, alcooldipendenti, immigrati, giovani disagiati e famiglie.
Ospiti, operatori, educatori, personale del Settore Prevenzione, amministrativi – ma purtroppo quest’anno senza famiglie e istituzioni a causa proprio delle misure anti covid – hanno vissuto insieme tra iniziative, riflessioni e confronti la ricorrenza della Giornata mondiale contro il consumo ed il traffico illecito di droga che risale al 1987, ed è stata voluta dall’assemblea generale delle Nazioni Unite per ricordare l’obiettivo comune a tutti gli Stati membri di creare una comunità internazionale libera dalla droga. Quest’anno, le Reti e le Comunità del privato sociale hanno lanciano unitariamente lo slogan “Mai più invisibili”, e hanno invitato tutte le Comunità ad affiggere striscioni colorati con la scritta “Mai più invisibili” e a coinvolgere i ragazzi nella realizzazione.
Anche il CCS ha raccolto la sollecitazione del presidente della Federazione Italiana della Comunità terapeutiche, Luciano Squillaci, che ha rimarcato come la scritta “Mai più invisibili” sia “un atto simbolico per far sentire la voce di tutte le comunità del privato sociale troppo spesso inascoltata dalle Istituzioni”. Infatti, ha ricordato Squillaci, “nel periodo di pandemia, con le altre comunità terapeutiche abbiamo scritto 80 volte al Governo per chiedere di assumere dei provvedimenti, ma non siamo stati considerati per nulla”, malgrado per l’emergenza “il 40% dei servizi è stato costretto a chiudere”. Di qui la stima del 30% in più di morti per droga in questi mesi di chiusura.
E come ha sottolineato la presidente del CCS, Isa Mantelli, richiamando le dichiarazioni di Squillaci, ci sono cinquecentomila persone in Italia che fanno abuso di sostanze e avrebbero bisogno di una presa in carico: “Di questi, 140mila ricevono aiuto, cioè 1 su 5 riceve una risposta al proprio bisogno; 15mila hanno la possibilità di accedere a un servizio di un Sert o di una comunità; 350 sono i morti all’anno di ‘overdose’, quasi un morto al giorno, 58 miliardi è la cifra che corrisponde al giro d’affari che i mercanti di morte fanno ogni anno in Italia”.
Gli striscioni colorati realizzati anche dai ragazzi e dalle ragazze del CCS rappresentano un atto simbolico e di denuncia congiunta per far sentire la voce degli operatori del settore delle Comunità terapeutiche troppo spesso inascoltata. In questi 30 anni il fenomeno delle dipendenze da sostanze d’abuso lecite ed illecite è tutt’altro che diminuito, è solo molto cambiato e non solo nella tipologia di droghe utilizzate, in particolare dai più giovani. Ci siamo abituati ormai a convivere con il fenomeno come se si trattasse di una comune malattia? Rispetto a 30 anni fa in cui la droga quasi esclusiva era l’eroina che mieteva vittime tra tantissimi giovani, oggi le dipendenze si sono di molto ampliate e diversificate: uso contemporaneo di più sostanze d’abuso, parte delle quali assolutamente legali. L’accentuazione dei consumi di massa a livello globale, uno sviluppo tecnologico senza precedenti e che ci accompagna quotidianamente, hanno incluso anche una maggiore diffusione delle droghe lecite ed illecite come di una “merce di consumo” al pari di qualsiasi altro prodotto che troviamo negli scaffali delle grande distribuzione.
Il Centro Calabrese di Solidarietà combatte ogni giorno, anche contro il silenzio e le lentezze della burocrazia e le risorse che non bastano mai, per resistere rilanciare indignazione e protesta sociale raggiungendo lo Stato, le famiglie, la scuola e restituire con l’unico obiettivo di costruire un percorso di speranza per chi vuole rialzarsi, e ricominciare a correre verso la vita.
Una grande famiglia che si è ritrovata per celebrare la messa di ringraziamento con don Antonio Scicchitano, vice presidente del CSS, alla presenza di una nutrita rappresentanza di tutte le realtà del Centro, che vanno dai 16 ospiti di Villa Emilia, ai 14 di Villa Samuele e Mondo rosa (con 4 donne e 7 bambini). Insieme agli operatori, ragazzi e ragazze hanno organizzato momenti di animazione e riflessione: quest’anno hanno puntato sul “Piccolo Principe” per riformulare attraverso la voce di quattro personali la testimonianza delle proprie storie.
E’ toccato, poi, ad uno degli operatori mettere in musica la filosofia del centro. Momenti che hanno saputo con grande intensità e consapevolezza toccare le corde profonde dell’animo dei presenti, arrivando oltre gli steccati delle barriere fisiche e immateriali, fatte da pregiudizi e sovrastrutture che ancora condizionano la spontaneità dei rapporti umani.