Tra le maschere della Commedia dell’Arte, Giangurgolo emerge come un simbolo della tradizione calabrese, un personaggio che incarna l’arguzia e la vivacità del Sud Italia.

Le origini della maschera risalgono al XVII secolo, un periodo in cui la Commedia dell’Arte fioriva come forma di intrattenimento popolare in tutta Italia. Essa si distingue per il suo spirito burlesco e la satira pungente, spesso indirizzata contro i potenti e le ingiustizie sociali. Il nome “Giangurgolo” potrebbe derivare da una fusione di “Giovanni” e “Gurgolo”, un termine dialettale che suggerisce un carattere gioviale e un po’ grossolano, e sarebbe ispirato a un personaggio realmente esistito a Catanzaro nel Cinquecento, tale “Gianni l’ingordo” o “Boccalarga”, da cui appunto “Giangurgolo”, che vuole indicare in gran chiacchierone affamato.

Secondo la leggenda, Giangurgolo, dopo aver tentato di soccorrere uno spagnolo aggredito dai briganti, viene da questo incaricato di liberare la città assumendo il nome di Alonso Pedro Juan Gurgolos, in suo onore. Da questo momento ha inizio la lotta: girando per le vie di Catanzaro con un carrozzone da teatro e una compagnia di attori, attraverso la satira Giangurgolo incita il popolo alla rivolta.

Il personaggio è facilmente riconoscibile per il suo aspetto buffonesco: indossa un abito a strisce rosse e gialle – i colori della corona d’Aragona – un mantello, e un cappello conico, spesso ornato da una piuma. La sua maschera è caratterizzata da un naso lungo e appuntito, mentre il suo volto esprime una costante aria di furbizia e curiosità. Armato di una spada di legno, Giangurgolo è un fanfarone, che si vanta delle sue inesistenti imprese eroiche e delle sue conquiste amorose.

Nella Commedia dell’Arte, Giangurgolo rappresenta il personaggio del Capitano, ma con una variante tipicamente calabrese: a differenza del Capitano spagnolo, che si atteggia a coraggioso guerriero, Giangurgolo è un codardo, sempre pronto a fuggire di fronte al pericolo. Questo contrasto tra apparenza e realtà è fonte di comicità e permette una satira sottile delle vanità umane.

Giangurgolo non è solo un personaggio teatrale, ma un vero e proprio simbolo culturale della Calabria. La sua figura è stata utilizzata nel tempo per rappresentare lo spirito del popolo calabrese, noto per la sua franchezza, ironia e capacità di affrontare le difficoltà con un sorriso. Le sue storie sono spesso ambientate nei villaggi calabresi e riflettono le problematiche sociali e politiche della regione, rendendolo un canale efficace per la critica sociale.

Negli ultimi anni, c’è stato un rinnovato interesse per la figura di Giangurgolo, con festival e manifestazioni culturali che celebrano questa iconica maschera. In città come Catanzaro e Cosenza, eventi teatrali e spettacoli all’aperto portano in scena le avventure dell’eroe, rivitalizzando una tradizione che rischiava di essere dimenticata.

Giangurgolo però è più di una semplice maschera: è un pezzo di storia e cultura calabrese che continua a vivere attraverso il teatro e il folklore. La sua capacità di coniugare comicità e critica sociale lo rende un personaggio sempre attuale, capace di parlare al pubblico di oggi con la stessa forza di secoli fa.

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