La necessità di tutelare le produzioni di eccellenza italiane e di potenziare gli strumenti di contrasto alle agromafie sono stati gli argomenti al centro dell’intervento che l’on. Wanda Ferro (FDI), segretario della Commissione parlamentare antimafia, ha tenuto ieri a Reggio Calabria nell’ambito di un incontro sul “Falso Made in Italy” organizzato a Palazzo Alvaro dal Forum Nazionale dei Giovani. Wanda Ferro ha evidenziato come Fratelli d’Italia consideri centrale nel proprio programma la valorizzazione di tutto ciò che è marchio italiano e gli investimenti su tutte le aziende che producono lavoro in Italia e che non delocalizzano, ma soprattutto la difesa della qualità e dell’eccellenza italiana e del made in Italy contro la contraffazione e la concorrenza sleale.
“Il business delle agromafie – ha spiegato Wanda Ferro – è quantificabile in almeno 24 miliardi e mezzo di euro, come emerge dall’ultimo rapporto Agromafie di Eurispes e Coldiretti. Negli anni il rapporto ha evidenziato il consolidarsi e l’evoluzione del sistema mafioso che occupa ormai spazi sempre più ampi dell’economia del settore, interessandosi di tutti i settori, dalla produzione, alla trasformazione, al trasporto, alla commercializzazione, alla vendita al pubblico.
Ciò grazie soprattutto alla capacità delle organizzazioni criminali di sfruttare le debolezze di una normativa che soprattutto in campo agroalimentare non riesce a mettere in campo efficaci strumenti di contrasto, e che ha un potere sanzionatorio assolutamente inadeguato rispetto agli ingenti guadagni possibili, mentre rischia di punire solo chi commette piccole irregolarità.
La ’Ndrangheta, in particolare, attraverso l’attività delle famiglie egemoni nel Reggino, ha conquistato importanti praticando un forte controllo sulle attività economiche nei settori ittico, agrumicolo e dei trasporti. Basti citare le infiltrazioni ‘ndranghetistiche nel Mercato ortofrutticolo di Fondi, il più grande d’Italia, e nell’ortomercato di Milano”.
Wanda Ferro ha ricordato quindi che il “Made in Italy” agroalimentare ha fatto segnare nel 2017 un record storico nel settore delle esportazioni, raggiungendo la quota di 41 miliardi di euro. “La globalizzazione dei mercati – ha spiegato – comporta però dei rischi, come quelli causati dall’Italian Sounding, ossia da quelle pratiche di produzione e di commercializzazione di prodotti che ‘suonano’ italiani, ma che di italiano non hanno alcunché. Per l’agropirateria internazionale si stima un fatturato di oltre 100 miliardi di euro, con la contraffazione di sei prodotti su dieci immessi nel mercato mondiale e la perdita in Italia di trecentomila posti di lavoro”. “La pirateria agroalimentare – aggiunge Wanda Ferro – è incentivata anche da accordi internazionali come il CETA, che contempera appena un settimo delle nostre produzioni Dop, Igp e Stg, e quindi priva di ogni garanzia i nostri prodotti, con ricadute pesantissime sul piano della qualità e della sicurezza dei consumatori. Sostanzialmente è stata legittimata in un trattato internazionale la pirateria alimentare a danno dei prodotti Made in Italy più prestigiosi, dando il via libera alle imitazioni che sfruttano i nomi delle tipicità nazionali, come l’ormai famoso Parmesan canadese, ma anche con le imitazioni di prodotti come l’Asiago, la Fontina, il Gorgonzola, i prosciutti di Parma e San Daniele. Le aziende italiane sono così vittime di una concorrenza sleale che si impone sul mercato con prezzi competitivi, ma nessuna garanzia su qualità e sicurezza”.
“Bisogna poi tutelare il prodotto di eccellenza italiano dalle fake news costruite ad arte in altri paesi, così come da sistemi di etichettatura che penalizzano le nostre produzioni”, ha detto Wanda Ferro, che ha ricordato le assurde posizioni dell’Organizzazione mondiale della sanità, che ha espresso la volontà di dichiarare nociva per la salute la dieta mediterranea, con i suoi prodotti simbolo come olio d’oliva, parmigiano, prosciutto, vino rosso.
“Un attacco assurdo e pretestuoso contro il nostro agroalimentare – ha detto Ferro – e a tutto vantaggio delle multinazionali a cui ci siamo ferocemente opposti insieme a Giorgia Meloni”.
“Vogliamo che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei – ha proseguito la deputata di Fratelli d’Italia – rispettino gli stessi criteri di qualità di quelli prodotti in Italia. Ciò vale anche per le aziende che importano materie prime dall’estero. Bisogna garantire ai consumatori che dietro gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali, ci sia lo stesso percorso di qualità a garanzia dell’ambiente, del lavoro e della salute dei consumatori. Servono politiche nazionali di tutela del Made in Italy, capaci di difendere le eccellenze nazionali, nel campo dell’agroalimentare come in quelli della moda, del design, dalla contraffazione e dalle politiche commerciali degli altri paesi europei ed extraeuropei, che rischiano di danneggiare lo sviluppo di quei settori che rappresentano l’identità stessa della nostra Nazione”.
“Difendere le eccellenze del territorio – ha concluso Wanda Ferro – è una sfida anche per la Calabria, che con i suoi prodotti di qualità, registra un fatturato significativo per l’economia del territorio: parliamo di 39 milioni di euro alla produzione, e oltre 1600 operatori impegnati nella produzione di prodotti Dop e Igp. Dati che fanno emergere le potenzialità della nostra regione, purtroppo non adeguatamente assecondate e messe a sistema da una politica regionale incapace di dare impulso allo sviluppo del territorio”.