Si sono concluse le attesissime elezioni europee 2024 e ora è già tempo di guardare alla guida che il nuovo Parlamento europeo si darà. Ma quelle appena concluse sono elezioni da considerare di portata storica, date le numerose crisi che vive l’Unione, a cominciare dalle terribili guerre in Ucraina e a Gaza.
In un momento in cui il Governo italiano spinge sul disegno dell’autonomia differenziata, nonostante i palesi e nefasti effetti che questa avrà sulla coesione nazionale, la strada verso un’idea di sviluppo europeo per il Sud Italia, di una sua proiezione nel Mediterraneo e nel rapporto con i Balcani occidentali è l’unica percorribile perché il Mezzogiorno rimanga agganciato ai trend di crescita del vecchio continente.
Ci sarebbe piaciuto poter dire di aver vissuto, alle nostre latitudini, elezioni autenticamente europee, dunque, ma basta il dato sull’affluenza a confermarci che così, invece, non è stato. Per la prima volta in Italia, si è recata alle urne meno della metà del corpo elettorale (49,67%), con un dato ancora più basso in Calabria (40,31%), e un calo di oltre 3 punti rispetto alle europee del 2019.
Tale dato va letto necessariamente insieme alle dinamiche demografiche. La Calabria ha perso 162mila giovani negli ultimi 20 anni (dati ISTAT), solo dal 2020 ben 55.960 residenti l’hanno lasciata per andare altrove. Contemporaneamente, sono aumentati i fuorisede: sono 7 ogni 1000 residenti calabresi che si spostano in altra regione per motivi di studio o lavoro, un vero e proprio record.
È evidente, dunque, che una regione che voglia trovare un nuovo slancio non può fare a meno di porsi con ossessione il nodo della partecipazione a più livelli di tutti coloro che si trovano a distanza per periodi più o meno lunghi, puntando ad abbattere, per prima cosa, ogni barriera che possa frapporsi tra i cittadini e le urne.
Il voto ai fuorisede non è che la punta dell’iceberg di una battaglia di rigenerazione della democrazia e la sperimentazione, per la prima volta allargata ai soli studenti (500 mila in Italia rispetto alla platea complessiva dei 5 milioni di cittadini in mobilità), deve diventare al più presto legge dello Stato che includa ogni competizione elettorale, dalle europee fino alle amministrative.
Su questi temi è necessario che le forze partitiche si riconoscano in modo trasversale e che lavorino al di là degli interessi di parte, con gli occhi puntati, fin da ora, sulle elezioni regionali 2026. Rispetto al dato di partecipazione del 44,36% del 2021, bisogna avere il coraggio di porsi una sfida chiara: riportare al voto più della metà degli aventi diritto.