Le banche devono diventare la molla della ripresa e non devono assolutamente trasformarsi nell’anello debole della catena, come accadde a partire dal 2008, dopo la bolla dei subprime e il fallimento della Lehman Brothers. Per assicurare agli istituti di credito questo ruolo centrale e strategico – che deve tradursi in iniezioni di denaro senza precedenti nella cosiddetta economia reale, dunque soprattutto per le famiglie e le piccole, medie imprese – occorre creare un articolato sistema di grandi garanzie pubbliche». È quanto scrive il presidente onorario di Unimpresa, Paolo Longobardi, in un documento dal titolo “Draghi e il futuro dell’Italia” nel quale commenta i suggerimenti dell’ex presidente della Bce pubblicati mercoledì sul Financial Times. Secondo Longobardi servono «risorse statali da decine di miliardi di euro, che si riveleranno cruciali per difendere la capacità produttiva del nostro sistema economico, così come quello di altri paesi». A giudizio del presidente onorario di Unimpresa, «siamo entrati, nell’arco di pochissime settimane, in un tunnel che ci sta portando, anestetizzati dalla quarantena domiciliare, in una crisi che, con ogni probabilità, sarà assai più dura di quella del 1929. Ne consegue che c’è una sola, possibile via d’uscita: la gigantesca perdita di reddito privato andrà inevitabilmente assorbita dai bilanci statali. Tuttavia, chi ha la responsabilità della spesa pubblica a parole parla di «economia di guerra», nei fatti, però, si comporta come il solito tagliatore di bilanci, ossessionato dai principi di Maastricht. Serve, invece, una svolta epocale e la sospensione del Patto di stabilità Ue annunciata la scorsa settimana è un primo segnale nella direzione corretta».
Nel documento, Longobardi osserva che «siamo a un passo da un rischio incalcolabile, derivante dalla probabile (e non auspicabile) esplosione di una bomba sociale: è una minaccia che va disinnescata a ogni costo. Evitare tensioni sociali – non improbabili, visti i posti di lavoro che andranno persi – deve essere una priorità per l’Italia. Il governo, dunque, deve liberarsi di chi stringe o vorrebbe imporre di stringere i cordoni della borsa: le vecchie ricette economiche, del resto, ormai non valgono più».