Una richiesta avanzata nel 2017 che ha avuto finalmente coronamento: la Transumanza proclamata Patrimonio immateriale Unesco è la rappresentazione efficace della montagna e delle zone interne che, nonostante tutto, resistono e dove ci sono persone che con tanti sacrifici lavorano”. Così Franco Aceto, Presidente di Coldiretti Calabria, commenta con soddisfazione la decisione del Comitato intergovernativo dell’Unesco riunito a Bogotà. La transumanza è nel centro-sud una tradizione che si perde negli anni e che è rimasta intatta, nonostante l’evoluzione dei tempi. Una usanza – aggiunge Coldiretti – che affascina tutti coloro che hanno la possibilità e la fortuna di assistere direttamente ad un percorso suggestivo in nome della cultura, dell’identità, della tradizione e della natura. La storia della transumanza in Calabria, con lo spostamento delle greggi e del bestiame, vacche podoliche soprattutto, verso il pascolo, cambiando il luogo in base alle stagioni è fatica, rito collettivo che emoziona nella salita e nella discesa, festa delle comunità, attrattiva e anche marketing territoriale. Sono quattro le aree di maggiore interesse nella regione: il Pollino al servizio delle pianure di Sibari e le zone ioniche del Cosentino, l’altopiano della Sila collegato con il Crotonese, poi ancora gli altopiani boschivi delle Serre per i versanti dello Jonio e del Tirreno, quindi l’Aspromonte per le transumanze della piana di Gioia Tauro e del circondario.
“Il voto positivo dell’Unesco – sottolinea Coldiretti Calabria – certifica il valore della tradizionale migrazione stagionale delle greggi, delle mandrie e dei pastori che, insieme ai loro cani e ai loro cavalli, si spostano dalla pianura alla montagna, percorrendo le vie semi-naturali dei tratturi, con viaggi di giorni e soste in luoghi prestabiliti. “Un riconoscimento importante – ribadisce Aceto – che conferma il valore sociale, economico, storico e ambientale della pastorizia che coinvolge in Italia ancora 60mila allevamenti nonostante il fatto che nell’ultimo decennio il ‘gregge Italia’ sia passato da 7,2 milioni di pecore a 6,2 milioni perdendo un milione di animali.
Una attività che si concentra nelle zone svantaggiate e garantisce la salvaguardia razze a vantaggio della biodiversità del territorio, molte delle quali rappresentano un patrimonio di biodiversità il cui futuro è minacciato da un concreto rischio di estinzione.
A pesare sono i bassi prezzi pagati ai pastori, la concorrenza sleale dei prodotti stranieri spacciati per nazionali ma anche del massiccio consumo di suolo che ha ridotto drasticamente gli spazi e i tradizionali percorsi usati proprio per la transumanza delle greggi con pesanti ripercussioni sull’economia ma anche sull’assetto ambientale del territorio perchè quando un allevamento chiude si perde – conclude il Presidente di Coldiretti Calabria– un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di formaggi tipici e soprattutto di persone che hanno una conoscenza approfondita dell’ambiente, dell’equilibrio ecologico tra uomo e natura e dei cambiamenti climatici e che sono impegnate da generazioni a combattere lo spopolamento e il degrado”.