Arpacal, a partire da martedì 1 marzo, sulla base del protocollo indicato dall’Istituto Superiore di Sanità, ha iniziato le attività di bio sorveglianza che hanno lo scopo di mettere in evidenza l’eventuale presenza di SarsCoV2, agente patogeno della COVID-19, nelle acque che giungono ai depuratori. Il personale ha, infatti, proceduto a posizionare negli impianti di depurazione le apparecchiature per il prelievo dei reflui che saranno campionati e analizzati dai biologi nei laboratori Arpacal.
Si tratta di un progetto del Ministero della Salute e realizzato dalle agenzie regionali di protezione ambientale esperte nel monitoraggio delle acque reflue. “Per questa attività altamente specialistica – dichiara Domenico Pappaterra, direttore generale dell’Arpacal- nel laboratorio del Dipartimento di Catanzaro si è svolta una sessione formativa che ha coinvolto 10 biologi dell’agenzia in un clima di grande affiatamento che ci fa apprezzare la professionalità e lo spirito di collaborazione che svolgere quest’attività richiede, a dimostrazione che gli obiettivi si possono raggiungere quando prevale uno spirito di squadra”. I biologi, per quest’attività analitica, si avvalgono di apparecchiature tecniche che in futuro possono essere implementate anche con ulteriori protocolli di monitoraggio molecolare. “Questo sistema di sorveglianza epidemiologica delle acque reflue – spiega Michelangelo Iannone, ricercatore, medico e direttore scientifico dell’Arpacal –mette in luce i compiti di protezione sanitaria dell’agenzia e riguarda un’attività di fondamentale importanza in questa fase della pandemia, e lo sarà ancora di più nei mesi e negli anni successivi, perché monitorare l’eventuale presenza del virus consente di verificare l’efficacia delle misure di prevenzione e l’eventuale ritorno della patologia”.
Cosa prevede il progetto. I tecnici di Arpacal effettueranno un prelievo di materiale refluo che giunge ai depuratori PRIMA che questo venga depurato. Successivamente, applicando delle tecniche di biologia molecolare, verificano con specifiche analisi di laboratorio, la presenza o meno del virus responsabile della COVID-19 (Virus SARS-CoV-2).
La verifica condotta dai tecnici dell’agenzia, consisterà nell’applicazione di una tecnica di biologia molecolare del tutto paragonabile a quella che viene utilizzata per i cosiddetti “tamponi molecolari”. Il personale competente effettuerà quindi una “estrazione” di materiale genetico virale presente nel refluo, e successivamente ne “moltiplicherà” il segnale per renderlo leggibile. Il materiale così ottenuto, che – è bene precisare – è assolutamente innocuo per l’uomo e quindi incapace di provocare la malattia, verrà poi letto con particolari apparecchiature che ne consentono l’identificazione certa.
A cosa servono i dati.
I dati processati nei laboratori Arpacal verranno inviati alla rete di sorveglianza istituita presso l’Istituto Superiore di Sanità (ISS).
Perché è importante la rete di sorveglianza.
L’ISS considera che l’epidemiologia delle acque reflue sarebbe in grado di anticipare di 7 o addirittura 14 giorni l’andamento della curva delle nuove infezioni. Si tratta, quindi, di uno strumento essenziale per rilevare potenziali rischi e identificare nuovi focolai sul nascere.
Identificare precocemente la presenza del virus in una determinata popolazione, anche prima che si verifichino eventi di diffusione pandemica come quelli che abbiamo conosciuto in questi mesi, consente alle autorità sanitarie di porre in atto quanto necessario per allertare il sistema di sorveglianza epidemiologica e rallentare la diffusione del virus adottando misure di contenimento dei contagi in maniera più tempestiva.
Dove sarà svolto il monitoraggio di bio-sorveglianza.
In Calabria, i campionamenti e le analisi dei reflui per la ricerca del virus SarsCoV2, saranno svolti – su decisione dell’Istituto Superiore di Sanità – nei collettori di ingresso di sei comuni: Reggio Calabria, Catanzaro, Lamezia Terme, Crotone, Corigliano-Rossano e Cosenza.