Pasquino Crupi: un testimone dell’Aspromonte”: è stato il tema del dibattito al centro della giornata conclusiva degli incontri promossi dal Presidente Oliverio e dalla Giunta regionale in “Gente in Aspromonte” ad Africo. Un focus sull’indimenticato intellettuale calabrese, scomparso sei anni fa, in cui sono intervenuti il giornalista e scrittore Filippo Veltri, Saverio Zavettieri, attuale sindaco di Bova Marina, Vincenzo Crupi, figlio di Pasquino Crupi, e il professor Luigi Lombardi Satriani che ha concluso il dibattito.
In apertura del confronto-testimonianza Filippo Veltri ha ripercorso tutte le tappe della vita politica e culturale di Crupi. “Un testimone – ha detto – spesso scomodo, proprio perché libero, fuori da ogni schema e profondamente legato all’Aspromonte, la terra a cui forse ha dedicato le sue più grandi energie per cercare di mutare una narrazione stantia, figlia di luoghi comuni e stereotipi che le iniziative di Africo del 2019 e 2018 stanno invece cercando di rovesciare con il racconto dei fatti”.
La discussione che è seguita ha spaziato sia sull’attività letteraria che su quella politica e sociale di Crupi, un intellettuale – è stato detto nel corso degli interventi – che ha saputo coniugare la sua battaglia per il Mezzogiorno e la Calabria al rigore di una ricerca letteraria confluita in decine e decine di libri che hanno fatto scuola e che ancora oggi sono un punto di riferimento in un momento in cui il Sud e la Calabria sono sott’attacco per il progetto di autonomia differenziata su cui sia Vincenzo Crupi che Lombardi Satriani sono più volte ritornati, mettendo in luce proprio l’attualità del pensiero meridionalista di Pasquino Crupi.
Satriani dopo aver definito Crupi un “militante irruento del Pci” ha ricordato, tra l’altro, le posizioni “eretiche” di quest’ultimo sui “moti di Reggio Calabria” che gli attirarono l’ira dei vertici del suo partito da cui venne fortemente richiamato “per aver osato mettere in discussione la linea del partito” su quella vicenda. “Il carattere di Pasquino, però -ha aggiunto Satriani- non era tale da poter sopportare e accettare misure cautelative e censorie e, quindi, abbandonò tutte le cautele e andò via dal Pci. E Giacomo Mancini, grande figura di socialista, nei confronti del quale, pur non essendo stato mai socialista, ho sempre nutrito una grandissima stima, lo accolse a braccia aperte”.
Il prof. Lombardi Satriani, a conclusione del suo intervento, ha avanzato, tra l’altro, anche una proposta molto interessante: quella di trasformare l’Aspromonte in Aspro-ponte, cioè un ponte dalla lingua di Omero alla cultura del rinascimento italiano, a quella del Novecento, nella quale campeggiano figure come appunto Crupi, Zanotti Bianco e decine di scrittori.
Saverio Zavettieri, dal canto suo, ha incentrato gran parte del suo intervento sulla narrazione della Calabria “che purtroppo non facciamo noi”.
“La narrazione quotidiana della nostra terra -ha detto- la fanno spesso gli scioglimenti dei Comuni, le interdittive per mafia, alcune inchieste giudiziarie mirate o il neo presidente della commissione antimafia che si permette di dire che il rosario è un segnale alla mafia e ciò avviene senza che nessuno si alzi per dire “Tu non sai di cosa parli”. “Questa – ha proseguito Zavettieri – è la vecchia narrazione della Calabria, rispetto a cui rischiamo di essere impotenti se non definiamo bene gli obiettivi e non uniamo le forze rompendo dei tabù che aleggiano sempre”.
Il sindaco di Bova ha fatto specifico riferimento anche all’inchiesta che coinvolge il capogruppo del Pd, Sebi Romeo. “Quanto è affidabile quella inchiesta -si è chiesto- o quanto, invece, non è mirata a fatti politici o alle scadenze elettorali regionali? Nessuno parla, nessuno dice nulla”.
Zavettieri, infine, si è soffermato sul Pasquino politico e socialista organico.
“Dopo l’innamoramento e l’esperienza di gioventù con il Pci e con il Manifesto, dagli anni che vanno dallo scioglimento del Manifesto fino al 1994 è stato un socialista organico, autonomista, come era nella sua indole e nella sua cultura. Fu un grande meridionalista e garantista, un uomo libero, scomodo politicamente anche per chi militava nel suo stesso partito e comprendeva tutti gli elementi che facevano di lui un eretico, un ribelle, con cui era difficile convivere in un partito”. “Nonostante tutto -ha concluso- io ci sono riuscito, tant’è che per me Pasquino è stato una punta di diamante nel periodo in cui ricoprii il ruolo di assessore regionale alla cultura. Lo coinvolsi, infatti, nelle attività culturali di quel periodo in qualità di presidente della Consulta sulla Cultura. Diventò poi direttore dell’Agenzia Regionale della Cultura, ma l’amministrazione regionale subentrata dopo di noi, non dico quale e né di quale colore, azzerò quell’agenzia e mandò via Pasquino, un vulcano di idee e di iniziative”.