Dall’8 febbraio 2020 il museo MARCA di Catanzaro, diretto da Rocco Guglielmo, ospita lo scultore Massimiliano Pelletti in occasione di Looking Forward to the Past, personale dell’artista a cura di Alessandro Romanini, fino al 30 aprile 2020.
L’evento si avvale della collaborazione della Fondazione Rocco Guglielmo, dell’Amministrazione Provinciale di Catanzaro ed è realizzata grazie al prezioso contributo della Galleria Barbara Paci di Pietrasanta.
La mostra rappresenta una tappa importante nella ricerca di Massimiliano Pelletti e offre al pubblico la possibilità di seguire un percorso scandito da circa trenta opere nella sua produzione più recente e vedere in anteprima la serie di sculture concepita appositamente per gli spazi del Museo delle Arti di Catanzaro.
Spesso, nel mondo della contemporaneità, il rapporto con la classicità viene visto come uno stato di immobilità che ci intrappola nel passato, privilegiando la conservazione alla nuova produzione. La classicità è accostata al periodo ellenico e romano e, quando torniamo a civiltà più antiche, prendiamo in considerazione tutto quello che appartiene alla storia del Mediterraneo senza creare un rapporto con gli altri continenti. La poetica di Massimiliano Pelletti si alimenta di un concetto di classico e tradizione, come ispirazione, attitudine e soprattutto fuoco che alimenta lo sviluppo creativo, come Gustav Mahler sentenzia “Tradizione non è il culto delle ceneri ma la custodia del fuoco”.
Classico è prima di tutto inteso in un’ottica dinamica, un punto di partenza da cui sviluppare soluzioni adatte alla contemporaneità. Il classico, come il mito, sono concetti insiti in ogni civiltà a ogni latitudine: nessuna civiltà né singolo artista può pensare se stesso se non in relazione con un’altra società e un’altra forma d’arte che servano da termine di comparazione. Viene dunque considerata una dimensione in cui possono dialogare le sculture di Fidia e quelle Fang del Gabon, il canone di Policleto come le opere dei Baulé della Costa d’Avorio, le poesie dell’ellenico Callimaco con quelle di Birago Diop del Senegal.
Questo spirito ha portato Pelletti, nel corso degli ultimi anni, a indagare la produzione plastica delle civiltà extraeuropee e a focalizzare l’attenzione sulla scultura del continente africano e a interrogarsi sulla sua storia e sulla natura delle sue arti, consapevole dell’esistenza di un concetto di classicità anche in questi luoghi, spesso sviluppatasi in parallelo, o addirittura, prima della nostra.
“L’Africa è un continente composto da cinquantaquattro diversi paesi e altrettante realtà culturali: ha una ricchezza espressiva e creativa immensa, abbinata a grandi capacità artigianali. In particolare, mi ha sempre stimolato il legame fra la dimensione plastica e quella rituale, quasi liturgica, delle sculture africane, in cui ritrovo la stessa ieraticità della scultura ellenistica e la dimensione totemica dell’arte dei pellerossa americani” afferma Pelletti. Le nuove sculture che l’artista porta in mostra al museo di Catanzaro sono una sintesi di queste riflessioni: nella stessa opera, si riscontrano elementi plastici appartenenti alla nostra storia più vicina e quelli delle maschere africane, armoniche simbiosi rese possibili dalla sapienza realizzativa e dall’incessante ricerca che connotano lo scultore.
La ricerca dell’artista toscano non si limita a uno stadio concettuale ma prende spazio anche dal punto di vista formale. Nel lavoro di Massimiliano Pelletti, la classicità assume una dimensione molto ampia anche grazie al rapporto con i materiali protagonisti delle sue opere. Raramente troviamo il marmo nella sua dimensione più pura, sempre più spesso sostituito da altri elementi naturali, nella maggior parte dei casi inesplorati dal mondo della scultura: la sfida è quella di scolpire quarzi, onici, calcari e
altre pietre stratificate e casualmente combinate in natura, sfruttando ogni elemento che la natura stessa mette a disposizione e lasciando spazio alla ricerca e alla sorpresa. Pelletti ha concepito i materiali, dall’inizio del suo percorso, come suggeritori di forme e soluzioni, insite nelle loro prerogative chimico-fisiche e geologiche, affidando loro il ruolo di suggeritori di percorsi creativi e tecnici inediti. A questo si lega anche il valore dato al concetto di errore e difetto: il difetto del materiale è visto come potenziale sviluppo di ulteriori possibilità formali e narrative, mentre l’errore come unico motore del processo di ricerca e individuazione di nuove soluzioni. L’obiettivo è di creare un racconto in cui la figura classica, nella sua eleganza e maestosità, viene parzialmente depauperata, resa più umana dai difetti del materiale e dal corso del tempo e degli elementi, segni che non vengono levigati o nascosti, ma diventano portatori di unicità ed esaltati come parte dell’opera.
L’idea di classico è un fil rouge che da sempre attraversa la poetica di Massimiliano Pelletti. La sua pratica artistica è ricca di colpi di scena, di tempi dilatati e di un costante effetto sorpresa: alcuni materiali oppongono grande resistenza, altri sono molto friabili, altri svelano delle cavità o degli innesti di terra, e la lavorazione richiede tempi che spesso la contemporaneità non è più disposta a concedere. Questa trasversalità è una risposta alle istanze della contemporaneità, in cui tutto è circolare e sintomatico di un fermento culturale di respiro globale, dove è evidente che il passato è un punto di riferimento, un altrove con il quale tenere sempre un contatto diretto, profondo e necessario, come dimostrano le opere esposte nel museo, nel tempio delle muse di Catanzaro.
BIOGRAFIA Massimiliano Pelletti nasce a Pietrasanta (LU), dove vive e lavora. Fin dall’infanzia frequenta il laboratorio artigiano di famiglia dove, grazie al nonno Mario Pelletti, apprende le prime tecniche di lavorazione del marmo. Si diploma al Liceo Artistico di Pietrasanta e successivamente si laurea in Filosofia presso l’Università di Pisa. Il suo esordio come artista è nel 2006, con la partecipazione alla XII Biennale dei Giovani Artisti d’Europa e del Mediterraneo. Seguono altre mostre, in Italia e all’estero, come la Biennale d’Alessandria d’Egitto e la partecipazione al Padiglione Italia della LIV° Biennale d’Arte di Venezia. Inizialmente è il marmo il principale elemento per la creazione delle sue opere. In seguito amplia la scelta dei materiali a quarzi, onici, calcari e altre pietre mai esplorate prima in scultura, sfruttando ogni elemento che nelle rocce la natura mette a disposizione. Nel 2014 è tra i vincitori del Premio Fondazione Henraux, curato da Philippe Daverio. Espone in diversi musei e spazi pubblici tra cui Villa Croce e Sant’Agostino, Genova; Abbazia di San Zeno, Pisa; Tempio di Adriano, Roma; Castel S. Elmo, Napoli; Università La Sapienza, Roma; Centro Pecci, Prato; RISO – Museo d’ Arte Contemporanea della Sicilia; Museo Ebraico, Bologna. Partecipa a numerose collettive curate, tra gli altri, da Alessandro Romanini e Flavio Arensi. Nel 2018 viene collocata una sua imponente scultura alle porte della città di Forte dei Marmi. Nel 2019 realizza un’installazione permanente per gli interni dell’Hotel St. Regis di Venezia e realizza un’opera monumentale per la città di Guadalajara in Messico