di MARIA RITA GALATI

Chi propone uno scambio tra sicurezza e libertà è un cattivo maestro, perché sicurezza e libertà sono due facce della stessa medaglia. In una grande democrazia, per avere sicurezza non è possibile rinunciare a principi di libertà. Le democrazie esistono per questo”.

Marco Minniti, già ministro degli Interni, più volte sottosegretario e da qualche giorno candidato alla leadership nazionale del Partito democratico, affascina il popolo democrat ritrovatosi numeroso, nonostante la mattina domenicale, nella Sala consiglio della Provincia di Catanzaro.

La presentazione del suo libro, “Sicurezza è libertà” edito da Rizzoli che ha visto
tra gli illustri relatori l’arcivescovo della diocesi di Catanzaro-Squillace, monsignor
Vincenzo Bertolone, diventa occasione preziosa per approfondire grandi temi che il
testo abbraccia e approfondisce costruendosi in maniera inconsapevole, quanto meno nei
tempi, come un manifesto. Più che “elettorale”, va per obiettivi a disegnare la visione che –
a detta di Minniti – la politica, per essere tale, non più trascurare.
A margine della presentazione, introdotta dal giornalista Filippo Veltri, non può mancare
una domanda sulla politica estera, che tanta parte occupa nel libro.

MINNITI E LA POLITICA ESTERA “Muoversi nel rapporto tra Libia, Italia e Europa è
un percorso molto difficile che va affrontato con l’abilità di un tessitore e non di chi si
muove come un elefante in una cristalleria – sostiene Minniti -. L’approccio nei confronti
della Libia oggi è drammaticamente diverso rispetto a qualche mese fa. La comunità
internazionale ha nei confronti della Libia un debito antico, nel senso che si è intervenuti
militarmente in Libia senza avere un’idea precisa della costruzione di un futuro, e tutto ciò
ha destabilizzato quel paese. Io non ho alcuna nostalgia per la dittatura, per Gheddafi, ma
non si può non vedere che dopo l’intervento militare la situazione in Libia è
drammaticamente precipitata. Si tratta di governare un’instabilità strutturale in Libia, di
cercare di ottenere risultati sapendo che è un paese profondamente diviso e con istituzioni
fragili. Quindi – ha rilevato l’ex ministro dell’Interno – muoversi nel rapporto tra Libia,
Italia e Europa è un percorso molto difficile che va affrontato con l’abilità di un tessitore e
non di chi si muove come un elefante in una cristalleria”. Inoltre, secondo Minniti, “sullo
sfondo del rapporto con la Libia c’è poi il rapporto con l’Africa, ed è un tema che non
riguarda solo l’Italia. Il futuro dell’Europa è strettamente connesso a quello dell’Africa,
l’Africa anzi è lo specchio dell’Europa. Se l’Africa starà bene l’Europa starà bene, se l’Africa
sta male l’Europa starà male”.

GOVERNO NAZIONALE ED EUROPA Una domanda tira l’altra, fino a soffermarsi
sull’attualità del rapporto tra il Governo nazionale e l’Europa. “Penso che l’Italia sia
arrivata nelle condizioni di massima debolezza, in un quadro di isolamento senza
precedenti – dice l’ex ministro -. L’Eurogruppo, esclusa l’Italia, si è schierata fortemente a
sostegno della Commissione europea. Mi sembra evidente – ha proseguito Minniti – che
Conte sia andato a trattare ma con un margine di manovra particolarmente piccolo, che è
poi l’equivoco di questo governo: abbiamo un presidente del Consiglio che non è detto
rappresenti fino in fondo il suo governo, ha un’autonomia limitata. Si tratta sempre di
tenere conto di quello che da Roma gli viene detto, non di quello che lui dice a Bruxelles.
Purtroppo, questa è una debolezza strutturale del nostro governo e del nostro Paese. E
questo atteggiamento – ha sostenuto ancora l’ex ministro dell’Interno – sta procurando danni al nostro paese, all’economia del nostro Paese, sta mettendo in una condizione
difficilissima l’Italia ed è giusto che a un certo punto qualcuno dica ‘fermatevi perché vi
state assumendo una grandissima responsabilità per il futuro dell’Italia’”.

DEBOLEZZA DELL’ITALIA Secondo l’ex ministro Minniti l’Italia “è arrivata nelle
condizioni di massima debolezza, in un quadro di isolamento senza precedenti”.
“L’Eurogruppo, esclusa l’Italia, si è schierata fortemente a sostegno della Commissione
europea. Mi sembra evidente – ha proseguito Minniti – che Conte sia andato a trattare ma
con un margine di manovra particolarmente piccolo, che è poi l’equivoco di questo
governo: abbiamo un presidente del Consiglio che non è detto rappresenti fino in fondo il
suo governo, ha un’autonomia limitata. Si tratta sempre di tenere conto di quello che da
Roma gli viene detto, non di quello che lui dice a Bruxelles. Purtroppo, questa è una
debolezza strutturale del nostro governo e del nostro Paese. E questo atteggiamento – ha
sostenuto ancora l’ex ministro dell’Interno – sta procurando danni al nostro paese,
all’economia del nostro Paese, sta mettendo in una condizione difficilissima l’Italia ed è
giusto che a un certo punto qualcuno dica ‘fermatevi perché vi state assumendo una
grandissima responsabilità per il futuro dell’Italia’
DECRETO SICUREZZA Il decreto sicurezza varato dal governo “è una piccola bomba a
orologeria sopra il sistema di sicurezza del nostro Paese”. Rispondendo a una domanda sul
modello Riace, Minniti ha osservato: “Ogni cittadino deve sempre avere fiducia nella
magistratura, sia che le decisioni della magistratura appaiono convincenti o appaiono non
convincenti. Questo è un principio fondamentale per una democrazia. Detto questo, il
modello dell’accoglienza diffusa e del recupero di borghi antichi e abbandonati è quello
giusto, da preservare e conservare a tutti i costi. E’ la scelta che – ha ricordato l’ex ministro
dell’Interno – abbiamo fatto quando ho guidato il ministero dell’Interno. L’accoglienza
diffusa era la chiave e la risposta vera perché consente di poter fare integrazione, che è il
tema cruciale per la sicurezza di un Paese: il Paese che meglio integra è il Paese più sicuro.
Invece, la realtà attuale va in tutt’altra direzione: abbiamo un decreto del governo, decreto
sicurezza che io invece chiamo decreto insicurezza e che probabilmente sarà convertito in
legge nella prossima settimana, che taglia drammaticamente l’accoglienza diffusa. Questa è
una piccola bomba a orologeria sopra il sistema di sicurezza del nostro Paese, perché crea
illegalità, spinge alla disperazione, rompe il tessuto connettivo di integrazione che è stato
fondamentale in questi anni”. Secondo Minniti “la strada che sta per intraprendere il
governo italiano è una strada che altri Paesi si hanno già seguito in passato, è l’idea
dell’emarginazione, dei quartieri ghetto, del nascondere la polvere sotto il tappeto, del non
vedere quello che bisogna vedere. Tutto questo è esploso in mano a chi ha sottovalutato
questi temi. Perché chi ha fatto attacchi terroristici in Europa erano i figli europei di una
mancata integrazione. Se non si sta attenti può succedere che in questi ghetti, com’è
avvenuto a Molenbeek nella capitale dell’Europa, uno si alza, prendo lo zainetto e invece di
metterci droga ci mette tritolo e attacca l’Europa: questo – ha concluso l’ex ministro
dell’Interno – è il rischio vero che abbiamo davanti. Su queste cose non è giusto, anzi è
sbagliato fare propaganda, sapendo che se uno fa politica su questi tempi con gesti
simbolici deve sapere che qualcun altro può rispondere con gesti simbolici altrettanto
chiari e netti”.

RABBIA E PAURA, SENTIMENTI INCOMPRESI E LA SCONFITTA DEL 4 MARZO

“Quello che è avvenuto il 4 marzo è stata una drammatica sconfitta per le forze
progressiste e riformiste. Mai come oggi c’è una differenza così profonda sui valori e sui
modelli di società”. Secondo Minniti la sconfitta del 4 marzo ha tante ragioni ma “ognuno
può dire quello che ritiene più opportuno, tuttavia abbiamo perso le elezioni perché non
abbiamo saputo rispondere a due grandi sentimenti, che oggi sono presenti nelle grandi
democrazie, compresa l’Italia: rabbia e paura, perché abbiamo avuto l’esplodere di una
drammatica crisi economia e una drammatica insicurezza sociale. Se – ha rilevato l’ex
ministro dell’Interno – a una persona arrabbiata tu rispondi con le fredde statistiche, quella
persona ha la sensazione che tu non stai parlando con lui, che tu non tieni conto della sua
individualità: lo stesso avviene con la paura. La rabbia e la paura non hanno toccato i ceti
più abbienti e più ricchi, ai ceti deboli, e noi dobbiamo stare vicini ai ceti deboli e più
esposti. Se questi ceti più deboli non sono difesi dalla sinistra, chi li difende? Se la sinistra
non parla con i ceti deboli, con chi parla? Questo è il cuore della partita che abbiamo
davanti”. Se rispetto a quanto è avvenuto il 4 marzo la nostra risposta è trovare la via più
breve, la scorciatoia per tornare al governo, perderemmo un’altra volta: noi invece
dobbiamo fare un’altra cosa, trovare la via più breve, la scorciatoia per parlare con la
società italiana. Certo, dobbiamo combattere in Parlamento le forze nazional-populiste,
dobbiamo giocare sulle loro contraddizioni, ma penso che soprattutto dobbiamo
sconfiggerle nel Paese affrontando di petto il tema del consenso popolare. Se qualcuno di
noi si illude che con una mossa politica risolviamo il problema, la situazione non si risolve
anzi si aggrava, perché si sarebbe l’idea di non aver capito quello che è avvenuto, e – ha
concluso l’ex ministro dell’Interno – la cosa peggiore per un partito è non capire il
messaggio consegnato dagli elettori”.

LA LIBERTA’ DI STAMPA Infine, un cenno alla questione della libertà di stampa, visto
che in contemporanea alla presentazione del libro a Roma si teneva una manifestazione sul
tema. “La libertà di stampa è il cuore di una democrazia, e se non c’è una democrazia viene
colpita al cuore. Siamo a Catanzaro ma – ha rilevato Minniti – siamo idealmente presenti
alla manifestazione per la libertà di stampa a Roma. Qualcuno può cominciare a pensare di
avere l’idea di una stampa addomesticata e docile, e quando si comincia così si sa dove si
comincia ma non si dove si finisce. La libertà di stampa, il giornalismo d’inchiesta, sono
l’ossigeno puro per ogni democrazia, se lo si toglie la democrazia rischia di morire, perché
– ha osservato ancora l’ex ministro dell’Interno – la libertà di stampa è alla base della
civiltà di ogni Paese”.

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