Nel corso dell’ultima trasmissione televisiva “Fuori dal Coro” di Rete 4, andata in onda in prima serata il 15 settembre u.s.,è stata citata Calabria Verde per segnalare ancora una volta, tra le fila dei dipendenti aziendali, questa volta che operano nella Locride, la presenza di operai idraulico-forestali, ex detenuti, condannati anche per associazione mafiosa, che, nonostante i loro gravi pregiudizi penali, sarebbero indebitamente “stipendiati dalla Regione”. Il titolo dell’inchiesta “Calabria. Boss e famiglie pagati dalla Regione” è stato, senz’altro, d’effetto.

Devo subito precisare che l’argomento non è nuovo ed ecco il perché ho utilizzato l’avverbio “ancora”. E’ sistematicamente ripreso, anche se in modi diversi, in coincidenza di impegni elettorali.

Ciò premesso, dovendo parlare di quel personale, in gergo aziendale, definiti scorrettamente “ex detenuti”, ho l’obbligo di precisare che in Calabria Verde l’utilizzo del prefisso “ex” ricorre in modo frequente: vi è l’ex generale Mariggiò, ci sono gli ex co.co.pro., ci sono gli ex lsu e gli ex lpu, ci sono gli ex operai ARSSAC, ci sono gli ex operai del Fondo Sollievo, ci sono gli ex dipendenti di Why not, ci sono i dipendenti delle ex Comunità Montane, ci sono i dipendenti dell’ex AFOR, ci sono gli ex OTI ufficio, ci sono gli ex dipendenti dei Consorzi di Bonifica.

Da “ex” generale ho un “esercito di ex” e, dalle notizie che mi arrivano, è possibile che, a breve, all’attuale esercito debba aggregarsi qualche altro “battaglione d’assalto”, solo e sempre di “ex”. Altra gente proveniente dal mondo del precariato cui è difficile negare risposte, aspettando da lungo tempo una “sistemazione” lavorativa, la stessa che, molti anni prima, altri lavoratori della forestazione hanno a loro volta atteso ed ottenuto dopo lunghe lotte.

Tra questi anche la stragrande maggioranza degli ex detenuti di cui si è parlato nel filmato. Operai che, avendo“subito condanne superiori a 10 anni, con l’interdizione dai pubblici uffici”, sarebbero, a dire della giornalista,“non assumibili e non ricollocabili”. Operai“con certificati penali che attestano i reati commessi e le condanne subite”, che oggi percepirebbero “circa 2000 euro, molte volte senza prestare la propria attività lavorativa” e “…ovviamente senza controllo da parte di nessuno”.

E’ tutta gente proveniente dal mondo del precariato, per i quali, ricordo ai non addetti ai lavori e ai non residenti in Calabria, la forestazione ha avuto funzione di ammortizzatore sociale, ma che, una volta stabilizzati, hanno acquisto precise garanzie. Le stesse garanzie di cui godono coloro che hanno i certificati penali “puliti”.

Quasi tutti, svolgendo “mere attività materiali”, per quanto attestato, non da me, ma in sentenze di un Giudice del Lavoro, non sono “assoggettabili alla medesima disciplina della funzione pubblica”. Si tratta di gente “che non può definirsi né pubblico ufficiale, né esercente un servizio di pubblica necessità”. Motivo per il quale quegli operai non possono essere “defenestrati” come un qualsiasi altro dipendente pubblico, applicando loro le norme del Dlsg 165/2001.

All’interno degli “ex detenuti” vanno, però, fatte ulteriori due distinzioni.

Esistono, infatti, gli “ex detenuti”assunti a tempo determinato che, condannati a gravi pene, una volta scarcerati, hanno perso titolo alla riassunzione. Questi hanno tentato in mille modi di rientrare, grazie anche a sentenze favorevoli di primo grado, appellate e vinte dall’Azienda. Questi sono, purtroppo, gli“ex detenuti sfortunati”.

A loro si contrappongono gli “ex detenuti”che, prima di essere arrestati, erano a tempo indeterminato. Di questi, ben 47 (quarantasette), nel passaggio da AFOR a Calabria Verde, pensate, si sono smarriti! Sembrerà strano, ma, poichè sospesi dal servizio, non erano stati in alcun modo considerati nelle delibere di trasferimento da un’azienda all’altra. Scontata la pena o decorsi nei loro confronti i termini della carcerazione preventiva, si sono presentati in Azienda, chiedendo giustamente di essere riassunti. Nessuno si scandalizzi se ho ritenuto e ritengo “giuste” le loro istanze. Poiché nei loro confronti, all’atto della sospensione, nessuno si era preoccupato di avviare, come previsto, i relativi procedimenti disciplinari, non hanno riportato alcuna conseguenza amministrativa!Tutti questi costituiscono ora il gruppo degli “ex detenuti fortunati”.

Voglio ricordare, se non altro, per riconoscere i meriti dei miei legali aziendali, che l’Azienda Calabria Verde, nelle sedi opportune si è difesa a denti stretti e tra non poche difficoltà, anche quando si è trovata contrapposta ad una strana “corrente di pensiero”, formatasi in Regione, a seguito di un parere dell’”ex” Comitato di Consulenza Giuridica presso la Giunta Regionale. Proprio sulla base di tale parere, l’”ex” Dipartimento Agricoltura del tempo aveva chiesto ad AFOR di riassumere anche gli operai a tempo determinato decaduti dall’incarico, arrivando persino a sostenere che l’inadempienza avrebbe potuto provocare danno erariale. Cosa questa non avvenuta, avendo l’azienda resistito e vinto nelle previste sedi giurisdizionali.

Naturalmente quello che ho detto trova riscontro in documenti ufficiali anche perché da commissario straordinario di Calabria Verde ho dovuto approfondire, con il mio “esercito di ex”, l’intera problematica. Pensate, l’11 aprile del 2016, giorno del mio insediamento, alle ore 9.00, nell’arrivare in ufficio, trovai ad attendermi nell’androne della Direzione due ex detenuti, oggi appartenenti alla categoria degli “ex detenuti sfortunati” che, dopo aver scontato una lunga pena per sequestro di persona, chiedevano, vi sembrerà strano, con dignità, umiltà, cortesia, di essere riassunti in ottemperanza ad una sentenza del giudice del lavoro. Uno di loro aveva tre figli in tenera età.

Anche se rimasti fuori dall’Azienda, ricorderò sempre il loro atteggiamento che, in un contesto normativo diverso e non fortemente preclusivo, avrebbe forse richiesto e meritato altro tipo di risposta. Su questo potrò in seguito essere più preciso anche perché, in quelle zone, l’ho riscontrato di persona, eliminata la forestazione, non vi sono, specie per chi viene da certe esperienze di vita, altre opportunità, se non quella di andare via.

Pur avendo trascorso decine di anni nella repressione dei reati, sento di dire, a favore di quegli operai, che se la rieducazione di un soggetto deve essere efficace, a chi sbaglia bisogna offrire alternative concrete, nuove opportunità, anche in presenza di recidive. A chi sbaglia, dopo che ha pagato il suo debito verso la società, non si possono offrire elemosine o raccomandazioni. Chi sbaglia non può essere illuso ed umiliato all’infinito.

Per tornare alla trasmissione di RETE 4, sottolineo che non è corretto, per la Locride e la Calabria, asserire in modo indiscriminato che la maggioranza dei circa “500 operai” della forestazione che vivono ad Africo è stata arrestata per reati di mafia. Non è corretto affermare che quegli operai sono impropriamente pagati dalla Regione. Non è corretto dire che non vanno a lavorare e che nessuno li controlla.

Tra loro ci sono sicuramente soggetti che sbagliano. Con loro, però, si devono utilizzare nuovi metodi di approccio, anche istituzionale.

E’ questo il motivo, per il quale, nel rispondere ad un’istanza della direttrice della Casa Circondariale di Siano, l’Azienda Calabria Verde ha voluto avviare, con le poche risorse a disposizione, un processo di riqualificazione di un’area interna che, magari, faciliti il reinserimento esterno di chi oggi è tenuto lontano dalla società. A proposito, lo dimenticavo, il direttore dei lavori è un agronomo, operaio idraulico forestale di Calabria Verde del distretto di Bovalino, che, avendo conseguito mentre lavorava la laurea, confida in un miglioramento della sua posizione lavorativa in Azienda. Ha persino piantato un vitigno autoctono della Locride!

Gen. Aloisio Mariggiò

Commissario straordinario Azienda “Calabria Verde”

 

image_pdfDownload pdfimage_printStampa articolo