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Gender Pay Gap: soluzioni e sfide

E’ opinione diffusa che le donne guadagnino meno degli uomini e che abbiano una minor rappresentanza nei luoghi di potere, ma è sempre vero che le loro carriere sono meno brillanti degli uomini e peggio retribuite?

Dati inaspettati, sull’argomento, sono provenuti da Aldo Ferrara, presidente di Confindustria di Catanzaro, che ha raccontato l’esperienza della sua associazione, dove  molti ruoli apicali vengono ricoperti da donne e numerose imprese con fatturato da capogiro sono di proprietà ed a conduzione femminile. Tuttavia, ha affermato Ferrara, che anche nel nostro paese, seppur con una minore incidenza rispetto alla media  Europea, si riscontra un divario nella retribuzione tra uomo e donna. Per poter restringere questa forbice, ha continuato Ferrara, bisogna ricercare soluzioni di mercato che assecondino studi nei settori Stem, promuovano sistemi e strumenti di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e consentano alle parti sociali attraverso la concertazione di fare la loro parte. 

Sfatato un luogo comune, allora? Purtroppo no, perché, come è emerso da un’attenta analisi del fenomeno, la situazione in Italia rimane di forte svantaggio per le donne. A fronte di una legislazione tra le più avanzate d’Europa, come riferito dall’avv. Chiriano, la posizione dell’Italia in numerose classifiche non è incoraggiante.

 

 

Così, come riferito da Cinzia Cantaffio, imprenditrice con laurea in ingegneria, l’Italia è all’82° posto su 144 paesi nel mondo per quanto concerne la capacità di colmare le differenze di genere; inoltre, la differenza di salario medio fra uomini e donne è  pari al 10,4%, mentre  le lavoratrici autonome guadagnano il 54% in meno rispetto ai colleghi maschi,  con evidenti ricadute anche sulla pensione, come osservato nel suo intervento introduttivo Teresa Gualtieri, past presidente nazionale Soroptimist ed attuale presidente della Consolidal.

Dell’accesso al finanziamento dell’imprenditoria femminile si  è poi occupato Sergio Magarelli, Direttore della Banca d’Italia di Catanzaro, che ha parlato, tra l’altro, di credit gap, fornendo dati di  sicuro interesse.

Le donne imprenditrici accedono meno ai finanziamenti, investendo maggiori capitali propri, e sono meno propense al rischio. Spesso le loro aziende sono medio – piccole e la loro sofferenza bancaria si protrae per maggior tempo. La loro presenza nei consigli di amministrazione pare assicurare un minor livello di corruzione, ed una maggiore solidità.

Le donne italiane che fanno impresa ritengono che per loro l’accesso al credito sia più difficile sia perché l’interlocutore è generalmente un uomo che perché hanno la sensazione che vengano considerate meno affidabili; ma non solo, le imprenditrici sarebbe anche prive di una sufficiente alfabetizzazione finanziaria.

Tutto questo ovviamente incide sull’espansione dell’imprenditoria femminile, che però non è l’unico campo in cui la variabile economica incide.

Per come infatti riferito dalla presidente del Soroptimist, Cristina Segura Garcia, che ha ideato ed organizzato l’evento in occasione della celebrazione dell’8 marzo, anche in ambito universitario il gender pay gap è evidente: non solo le donne raggiungono più difficilmente ruoli apicali (ancora troppo poche, statisticamente, le donne rettore), ma i progetti di ricerca presentati da donne sono meno finanziati.

Dati poco incoraggianti su più fronti, ma che fare?

Tutti i relatori si sono ritrovati concordi nell’indicare talune soluzioni. Posto infatti che, per come è innegabile, l’esperienza della maternità incide in maniera significativa sulla carriera delle donne, occorre agire non solo per la promozione di modelli culturali che superino vecchi stereotipi di genere, ma anche attraverso la promozione di misure di welfare aziendale e sociale che possano alleggerire il carico delle donne per il tempo da dedicare alla cura dei figli, dei familiari e della casa; ancora incentivi alle imprese per ridurre l’impatto contributivo. Sarebbe il caso di provarci, visto che rinunciare al lavoro femminile costa, in termini economici, svariati punti di Pil ed è un lusso che in tempi di crisi non possiamo davvero permetterci.